Benedetto Della Vedova
La pandemia ha comportato in tutto il mondo l’adozione di provvedimenti restrittivi di diritti fondamentali, a partire dalla libertà di movimento, di iniziativa economica, di riunione e di culto. Il Governo italiano ha scelto di disciplinare questa materia aggirando le previsioni della Costituzione, che prevede che le restrizioni imposte in via generale, cioè per tutti i cittadini, siano stabilite con legge dello Stato, e non come è avvenuto fino ad oggi con provvedimenti amministrativi – i Dpcm e le ordinanze dei Presidenti di Regione – non sottoposte all’approvazione e al controllo parlamentare.
Questa “scorciatoia” non ha affatto evitato, ma favorito l’adozione di norme inefficaci, ambigue e contradditorie, di incerta interpretazione e mutevole applicazione, quando non direttamente lesive di diritti fondamentali, compressi in misura non proporzionale, né coerente con le esigenze di protezione dei singoli cittadini e della collettività. Questo è inevitabilmente derivato dall’assenza di un confronto preventivo e di un controllo successivo all’approvazione delle norme, che può essere garantito solo in sede parlamentare.
È doveroso che tutti i provvedimenti che disciplineranno la cosiddetta fase 2, compresi quelli già previsti dall’ultimo Dpcm 26 aprile 2020, siano ricompresi in provvedimenti da sottoporre quando prima al vaglio delle camere. Ne va non solo dei diritti dei cittadini, ma della stessa qualità e efficacia dell’azione di governo.