Di Anna Lisa Nalin
A fronte di un possibile (e probabile) innalzamento delle temperature di 2 o addirittura 3 gradi rispetto all’1,5 previsto dall’accordo di Parigi del 2015, le prospettive anche immediate in Europa saranno estremamente pesanti. A sostenerlo è l’IPCC (il Gruppo Intergovernativo scientifico dell’ONU sul cambiamento climatico). Le ricadute delle ondate di calore causeranno un drammatico aumento del numero dei decessi che potrebbero raddoppiare o addirittura triplicare per il rischio di stress da calore. L’agricoltura sarà messa, inoltre, a durissima prova dalla combinazione caldo e siccità. La scarsità idrica riguarderà tra il 18% e il 54% della popolazione, e con un amento di 3 gradi l’aridità del suolo potrebbe superare il 40%. Infine, una maggiore frequenza di inondazioni sarà causata dai cambiamenti nelle precipitazioni, dallo scioglimento dei ghiacciai e dall’innalzamento del livello del mare.
Questi dati indicano senza mezzi termini che siamo ad un bivio: ora o mai più, come emerge appunto nel rapporto pubblicato lo scorso marzo e in successivi approfondimenti del panel mondiale per il clima. Servono quindi, strategie immediate da affiancare a quelle già definite per perseguire gli obiettivi del 2030 (riduzione del 55% di emissioni di CO2) e della neutralità climatica del 2050. Per il breve termine diviene, quindi, una necessità improrogabile ridurre consumi e sprechi ed evitare dispersioni: dalle risorse idriche a quelle energetiche a quelle alimentari attraverso rigorose politiche di razionamenti e ottimizzazione delle risorse già esistenti, oltre a politiche diversificazione e di approvvigionamento da fonti sostenibili.
Nel frattempo a livello mondiale i piani transizione ecologica per la decarbonizzazione e la tutela del pianeta devono rimane priorità nelle agende dei governi e dei blocchi geopolitici. L’Unione Europea è e resta in prima linea nel perseguimento della strategia emissioni 0 avendo lanciato nei mesi scorsi il piano RePower EU in rinforzo al Green Deal: tutto questo al fine di rendere verdi e sostenibili le fonti energetiche, oltre che uscire dal tunnel del ricatto dalle forniture di gas e di petrolio provenienti dalla Russia.
Ormai non è più confutabile che se continuiamo ad emettere gas serra ed a produrre energia attraverso i combustibili fossili non solo inquiniamo ma surriscaldiamo la terra depauperandone le risorse e rendendola arida ed improduttiva (così come dimostrano anche le immagini dall’alto pubblicate da Repubblica e dell’Accademia delle Scienze Rep.Ceca relative all’Europa e all’Italia).
L’interconnessione tra le emergenze climatiche, energetiche ed alimentari seguite a quella pandemica, sta causando nel mondo fame e povertà sempre più gravi, come ha indicato il recente rapporto Oxfam “Dalla crisi alla catastrofe” pubblicato dalla Banca Mondiale. 263 milioni sono i nuovi poveri, le vittime “indirette” degli effetti negativi della pandemia e dell’aumento dei prezzi dei generi alimentari innescato dalla guerra in Ucraina. Nel mondo salirebbero a 860 milioni le persone che si ritroverebbero sotto la soglia di povertà, 827 milioni soffrirebbero la fame, non dimenticando che l’Ucraina sino a prima della guerra è stata il granaio d’Europa e la Russia è stata il granaio del mondo.