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Consigli giudiziari: meno autoreferenzialità

CONSIGLI GIUDIZIARI: MENO AUTOREFERENZIALITA'

 

I Consigli giudiziari sono organismi territoriali - composti per 2/3  da magistrati e per 1/3 da avvocati e professori universitari in materie giuridiche - che hanno compiti organizzativi e di vigilanza sul funzionamento degli uffici giudiziari.

I Consigli esprimono anche pareri di valutazione della professionalità e della competenza dei magistrati[1], ma la “componente laica” è esclusa dalle relative discussioni e votazioni e gli avvocati (e i professori) facenti parte dei consigli giudiziari, non possono esprimersi proprio quando si discute delle questioni che meglio conoscono: il lavoro dei magistrati che ogni giorno incontrano nelle aule di giustizia, la loro preparazione, la laboriosità, la buona educazione, la presenza in ufficio.

Nei Consigli solo i magistrati possono giudicare altri magistrati, eppure la Costituzione ha voluto che nel CSM vi fosse una componente non togata, con poteri eguali a quella dei componenti magistrati.

E’ un modello di valutazione corporativo che rende poco attendibili le valutazioni: del resto tra il 2017 e il 2021  il 99,2  % delle valutazioni è positivo. Tutti promossi!

Con il sì anche avvocati e professori potranno partecipare attivamente alla valutazione dell’operato dei magistrati e aumenterà il grado di oggettività dei giudizi.

Si obietta che gli avvocati potrebbero, nelle loro valutazioni, riversare la personale ostilità o antipatia verso un magistrato scomodo che, magari, ha dato loro torto in una causa importante; ma gli avvocati nei consigli giudiziari sono, comunque, una minoranza sicché, se anche uno di loro esprimesse un atteggiamento di inimicizia verso un singolo magistrato, sarebbe facilmente battuto.

E appare comunque almeno altrettanto temibile l’influenza di un leader di una corrente della magistratura, che in concreto ha molte più  possibilità di influenzare il Consiglio giudiziari. Si pensi ad esempio a un giudice, che deve emettere una sentenza su un’importante indagine svolta da un pubblico ministero: non potrebbe essere influenzato dal fatto che quel pubblico ministero fa parte del Consiglio giudiziario che l’indomani deve emettere un parere su un suo avanzamento in carriera?

I magistrati, abituati sempre a giudicare (e decidere sulle vite degli altri, sulla loro libertà, sui loro beni, sui loro destini) dovrebbero auspicare, non temere, i giudizi degli avvocati e dei professori su di loro. Un sistema in cui un magistrato che esercita un così terribile potere sui cittadini, abbia in tutta la sua vita professionale solo valutazioni espresse da altri magistrati ‒ senza che mai a valutarlo siano persone esterne alla corporazione cui appartiene – è un sistema destinato a non funzionare. E infatti non funziona.

Il grande magistrato Domenico Riccardo Peretti Griva (1882 – 1962), partigiano e antifascista, scrisse, dopo quasi cinquanta anni di servizio nella magistratura: «E pensino i magistrati che i migliori e più coscienti giudici della loro capacità, della loro laboriosità, della loro educazione, della loro rettitudine, saranno pur sempre gli avvocati, che li possono seguire, talora inavvertitamente, in tutte le loro manifestazioni, meditate e istintive, essendo queste ultime anche meglio indicative».

 

SE VUOI SAPERNE DI PIU’

Clicca qui se vuoi leggere il quesito referendario e se vuoi vedere come è la legge adesso e come risulterebbe in caso di vittoria dei SI’

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Clicca qui se vuoi vedere e ascoltare l’intervista di un giurista di ITALIASTATODIDIRITTO sul referendum

 

 

[1] Pareri sulla cui base il Consiglio Superiore della Magistratura adotta poi le decisioni disciplinari e decide le progressioni di carriera dei magistrati


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