Di Ilaria Donatio
Da trent’anni, il 10 ottobre, si celebra la Giornata Mondiale per la Salute Mentale, a lungo passata inosservata prima che la pandemia le restituisse - ahinoi - la visibilità che merita.
Perché - e lo sappiamo bene - la salute di ciascuno di noi passa anche (e soprattutto) attraverso la salute mentale. E che sia una priorità, lo ha ribadito l’Oms: infatti, il tema della campagna lanciata, quest’anno, dall’Organizzaione mondiale della Sanità, è stato proprio: “Make mental health and well-being for all a global priority”.
Eppure, in Italia si registra una spesa pubblica sanitaria destinata alla salute mentale pari al 3,5%, contro una media europea del 10%.
Secondo i dati contenuti nel Rapporto sulla salute mentale del 2020, sono state 728.338 le persone con problemi di salute mentale assistite dai servizi specialistici nel corso del 2020. Ma è legittimo credere che questo dato sia ben lontano dalla realtà, a maggior ragione dopo l’isolamento della pandemia: quanti sono quelli, tra noi, che convivono con una sofferenza emotiva e non cercano aiuto professionale, perché ignorano il tipo di supporto di cui avrebbero bisogno, per mancanza di fiducia oppure per vergogna?
I disturbi psicologici sono una gigantesca bomba ad orologeria che rischia di esplodere se non sono affrontati e non ce ne prendiamo cura.
Di salute mentale bisogna parlare. E farlo presto.
L’ultimo rapporto dell'Unicef “La Salute Mentale in Europa” ha rivelato che 9 milioni di adolescenti(tra i 10 e i 19 anni) convivono con un disturbo legato alla salute mentale. Più Europa riconosce l’urgenza di prenderci cura della salute mentale di giovani e adolescenti e per questa ragione ha proposto, durante la pandemia, il bonus psicologo, che introduca un rimborso forfettario di 10 sedute - così come avviene già in Francia - per tutti i minorenni che abbiano patito disagi dovuti all’isolamento post Covid. Perché il diritto alla salute sia davvero accessibile a tutti e non un privilegio di pochi.