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19 anni fa la legge 40. Per superarla una proposta di legge targata +Europa

di Desideria Mini

Avevo 22 anni e studiavo Biologia all'Università quando giunse la notizia che nel Parlamento Italiano stavano discutendo una legge estremamente integralista in materia di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) che avrebbe anche bloccato sia la prevenzione delle malattie ereditarie che la ricerca sulle cellule staminali embrionali. Ero assolutamente contraria a quello che veniva proposto in Parlamento. Già da tempo, infatti, avevo maturato la convinzione che genetica, medicina della riproduzione e medicina rigenerativa avrebbero potuto offrire sempre di più un enorme contributo alla salute delle persone, e questo era uno dei motivi per cui mi ero iscritta alla Facoltà di Scienze Biologiche. Una sera, molti sul tardi, sentii parlare Luca Coscioni in TV. Ero perfettamente d'accordo con lui e mi pareva pure ingiusto che fosse stato trasmesso in un orario poco visionato dai telespettatori. Quando lessi su La Nazione che a Firenze si sarebbe tenuta a breve una specie di assemblea dei Radicali decisi di andarci per ascoltare. Si tenne a Villa Arrivabene in Piazza Alberti un pomeriggio di autunno. Molto probabilmente si trattava della riunione precongressuale di Radicali Italiani del 26 ottobre 2003, perché così ho potuto ricostruire da Radio Radicale. Di lì a poco iniziò la mia militanza radicale. Nonostante le proteste di operatori del settore, scienziati e pazienti, il Parlamento Italiano tirò dritto. Fu così che diciannove anni fa, il 19 febbraio 2004, veniva approvata la legge 40 sulla PMA anche se, per l'innumerevole serie di divieti e ostacoli che poneva e che in parte tuttora pone, sarebbe più corretto definirla una legge contro la PMA e contro la ricerca scientifica.

Le prime linee guida

Successivamente, a peggiorare ulteriormente le cose, nel luglio dello stesso anno il Ministero della Salute approvò le prime linee guida sulla PMA che proibivano ogni diagnosi preimpianto sugli embrioni e che stabilivano che ogni indagine sugli stessi potesse essere solo di tipo osservazionale.

I referendum del 2005

Mi ricordo bene una riunione serale come carbonari in via De’ Pepi, contrada di Piazza Santa Croce a Firenze, in un piccolo magazzino adibito a raccolta documenti di cui era strapieno. Lì avveniva l’organizzazione logistica dell’Associazione per l’iniziativa radicale “Andrea Tamburi” sul territorio fiorentino. In attesa delle decisioni dell’Associazione Luca Coscioni e di Radicali Italiani si discusse come giungere ad abrogare la legge 40. Sostanzialmente furono espressi due punti di vista: quello di chi riteneva che fosse anzitutto necessario che l’opinione pubblica sapesse di chi fosse il merito dell’abrogazione e chi invece voleva semplicemente e prima di tutto giungere a tale abrogazione, in un modo o in un altro. Io facevo parte del secondo gruppo, con l’idea che se poi si fosse saputo che il merito era radicale tanto meglio ma che non era quello l’obiettivo fondamentale: secondo me bisognava innanzitutto abrogare. Nell’estate e nell’inizio autunno del 2004 si svolse la raccolta firme per richiedere un referendum abrogativo totale della legge 40/2004 e quattro referendum abrogativi parziali su diversi aspetti della stessa. Ricordo bene quell’estate: avevo 23 anni e partecipai intensamente alla raccolta a Firenze, anche girandone un video di più momenti con una delle prime videocamere digitali amatoriali dell'epoca. Ero però scettica perché mi aspettavo già come sarebbe andata a finire. Ne discussi anche con un professore di Diritto uscito dalla Facoltà di Giurisprudenza davanti alla quale avevamo messo uno dei tavoli di raccolta: d’accordo nel merito, riteneva come me che non si sarebbe raggiunto il quorum ma, nel momento in cui l’Associazione Luca Coscioni e Radicali Italiani avevano deciso di mobilitarsi, io avevo ritenuto che dovessi fare la mia parte, e così gli risposi. Superate abbondantemente e presentate in Cassazione il 30 settembre 2004 le firme necessarie per richiedere i referendum, il 13 gennaio 2005 la Corte Costituzionale dichiarò inammissibile quello totale mentre dichiarò ammissibili gli altri quattro. La partecipazione al voto fu fortemente boicottata dalle gerarchie vaticane, ingerendo nella politica dello Stato Italiano. Il 12 e il 13 giugno 2005 si svolse la consultazione referendaria. Sebbene i sì all’abrogazione oscillassero tra più del 77% a quasi l’89% a seconda del quesito, i quattro referendum risultarono nulli per non raggiungimento del quorum.

I limiti rimossi per via giudiziaria

Negli anni alcuni dei limiti imposti alla PMA sono stati smontati in seguito a molti ricorsi giudiziari. Il primo a cadere fu il divieto di analisi genetiche diagnostiche sull'embrione, introdotto con eccesso di potere dalle prime linee guida nel luglio del 2004, (sentenza del TAR del Lazio 398 del 2008). Successivamente a cadere furono il divieto di produrre più di tre embrioni e l'obbligo di contemporaneo trasferimento in utero, quindi per caducazione il divieto di crioconservazione degli embrioni prodotti ma non trasferiti per scelta medica, e la mancata previsione di trasferire gli embrioni in utero senza pregiudizio della salute della donna (sentenza 151/2009 della Corte Costituzionale). Dopo ancora a cadere fu il divieto di applicazione di tecniche eterologhe per i casi di infertilità e sterilità assolute e irreversibili (sentenza 162/2014 della Corte Costituzionale). In seguito caddero i divieti di accesso alla PMA per le coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili e di selezione degli embrioni per evitare l’impianto in utero di embrioni affetti, ma solo allo scopo di escludere un pericolo per la salute psichica o fisica della donna durante la gravidanza e l’interruzione volontaria di gravidanza (sentenze 96/2015 e 229/2015 della Corte Costituzionale). Fra le innumerevoli e importanti sentenze per brevità ho riportato solo quelle che hanno avuto un effetto erga omnes.

Perché sì alla PMA e alla ricerca

La PMA, in generale, consente di superare i problemi riproduttivi umani: dà la possibilità a persone che desiderano figli ma che non potrebbero averne in modo naturale di divenire genitori biologici, permette ai futuri individui che nascono dall'applicazione i queste tecniche di nascere sani e, a dirla tutta, riduce pure la trasmissione delle patologie genetiche alle future generazioni.

La ricerca sugli embrioni, invece, può aprire a interessanti prospettive preventive e terapeutiche.

Il lavoro del Tavolo Salute

In Italia purtroppo permangono ancora vari limiti che andrebbero superati. Il Tavolo Salute di +Europa, di cui faccio parte, ha predisposto una bozza di proposta di legge liberale per superare la legge 40/2004, anche avvalendosi della consulenza di esperti esterni al partito.

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E adesso?

A mio avviso è necessario che, dopo il suo imminente Congresso, +Europa porti la proposta di legge all'attenzione degli operatori del settore della PMA (a partire da embriologi, genetisti e ginecologi), dei ricercatori, delle associazioni di pazienti della PMA e delle associazioni LGBTI+ aprendo un dibattito, in riunioni online ed incontri pubblici, per ascoltare i loro suggerimenti e punti di vista. Penso che +Europa, dopo aver valutato ed eventualmente accolto contributi opportuni senza rinunciare ai principi generali laici e liberali che la contraddistinguono, dovrebbe farsi carico del testo depositandolo in Parlamento, nel caso anche con una proposta di legge di iniziativa popolare.



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  • Luigi Quercetti
    published this page in News 2023-02-19 10:13:24 +0100