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Decongestioniamo e riprendiamoci le città: dalle auto green alla mobilità condivisa
di Anna Lisa Nalin e Manuela Zambrano
Milano, Torino, passando per Venezia, Palermo, Verona, ancora Cremona, Brescia e tante altre città italiane mostrano primati di pessima qualità dell’aria. A dimostrarlo il report sull’inquinamento pubblicato da Legambiente che dà un’impietosa fotografia sintetizzata nel titolo “Mal’aria di città”.
Anche il Paese Italia porta con sé lo spregevole marchio di essere tra i più inquinati d’Europa, a partire dall’area della Pianura Padana.
Si deve intervenire sul settore della mobilità e dei trasporti, cruciale per il raggiungimento degli obiettivi Parigi e della neutralità climatica. È il settore che non solo ha aumentato le emissioni rispetto al 1990, ma non riesce ad invertire la curva.
Più del 70% di C02 viene emesso per distanze inferiori ai 50 km. Quindi, ogni strategia per migliorare la qualità dell’aria non può che passare per gli agglomerati urbani.
Ancora qualche dato: le stime dell’AEA (Agenzia Europea dell’Ambiente) nel più recente report indicano che in Italia nel 2019 sono state poco meno di 64.000 le morti premature per esposizione a bassa qualità aria. Un numero drammatico se si considera che nell’UE a 27 Paesi sono state 307.000 le persone decedute prematuramente. Ben il 58% di questi decessi si sarebbe potuto evitare.
È arrivata l’ora di decongestionare le città svuotandole progressivamente ma rapidamente dalle fonti inquinanti evitabili.
Innanzitutto, lo spazio pubblico urbano deve essere ridisegnato a misura d’uomo con sempre più quartieri car free, con reti di corsie ciclabili e mobilità condivise innovative.
L’elettrificazione rientra certamente tra i passi più impattanti per eliminare le maggiori cause di inquinamento dell’aria come le emissioni delle auto e dei veicoli di pubblico trasporto, oltre alle emissioni generate dal riscaldamento degli edifici (riconversione supportata da misure come bonus 110 e per la dismissione delle caldaie più inquinanti).
La linea dell’Unione Europea recepita in Italia lo scorso dicembre dal CITE (Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica) prevede lo stop di vendite e produzione delle auto a motore endotermico dal 2035 (benzine, diesel, ibride). Questo processo deve essere accelerato ed incentivato senza ulteriori perdite di tempo ed inutili, controproducenti e costosissimi sussidi alla mobilità alimentata dal “fossile”.
Tra le risposte più immediate: auto e veicoli elettrici e l’elettrificazione dei mezzi per il trasporto pubblico alimentati quindi da energie pulite e rinnovabili. Un passo non più prorogabile nonostante i rincari di gas ed energia elettrica che stanno colpendo in modo pesantissimo il nostro Paese. Su questo fronte servono massicci interventi del governo per aiutare imprese e consumatori, ma non un cambio di strategia sullo sviluppo sostenibile che rappresenta una parte fondamentale del PNRR e dei relativi finanziamenti allocati dalla UE.
A chi sostiene l’eccessivo costo delle macchine elettriche si può obiettare che la trasformazione industriale è ormai così avanzata che Bloomberg prevede la “cost parity” tra le auto elettriche e quelle a motore endotermico per tutti i segmenti già tra il 2025 e il 2027. In questo orizzonte temporale i cittadini potranno avere anche il vantaggio del prezzo d’acquisto iniziale, oltre a quello già esistente di una migliore prestazione dei motori elettrici e di una partecipazione green con beneficio per l’intera comunità.
Ogni trasformazione industriale è sempre stata originata dall’alto di gamma, per passare ai segmenti medi (già attualmente in corso) ed arrivare a quelli di massa. I dati sugli incrementi delle vendite della auto elettriche e sulle previsioni per i prossimi anni indicano un trend mondiale non più arrestabile.
Un’altra sfida è la sharing mobility, mobilità elettrica condivisa (micro auto, van, bici…) non solo per i centri cittadini ma anche per le periferie ed i centri minori attraverso una rete da integrare nei sistemi urbani di mobilità sostenibile.
Le nuove tecnologie rendono possibile la condivisione di veicoli sia per il trasporto individuale che l’ottimizzazione di quelli collettivi. Il modello di auto privata di massa è sempre meno sensato basti pensare al valore della congestione: il tempo individuale perso nel traffico “costa carissimo”; il valore dello spazio: con meno spazio occupato delle auto private in sosta e in lento movimento nelle città c’è un enorme potenziale da restituire ad altri usi.
A fronte di questo nuovo contesto di trasformazione industriale e sociale che è epocale, diviene sempre più importante coinvolgere i cittadini e chiedere al governo che vengano riconosciuti incentivi/ benefit tangibili proprio per la scelta di mezzi elettrici o di mobilità condivisa.
Altri Paesi in Europa, come Germania e Francia ma non solo questi, stanno implementando modelli fiscali e sociali incentivanti in modo da non far gravare il prezzo della transizione ecologica sui consumatori, cittadini ma anche aziende che contribuiscono alle politiche green, riconoscendo loro per questo impegno dei vantaggi tangibili.
Per concludere Mario Draghi lo scorso ottobre alla PRE-COOP dichiarava: “La transizione
ecologica non è una scelta, è una necessità… Abbiamo solo due possibilità. O affrontiamo
adesso i costi della transizione o agiamo dopo pagando un prezzo molto più alto di un
disastro climatico”