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Eutanasia: ecco perchè la Consulta poteva ammettere il referendum
di Simona Viola
La Corte disponeva di tutti gli argomenti utili per ammettere il referendum sul “fine vita”.
La norma del Codice Rocco sull’omicidio del consenziente, amputata dal quesito referendario, non avrebbe lasciato alcun vuoto di tutela per le persone deboli e vulnerabili. Infatti, il quesito prevedeva espressamente l’invalidità del consenso prestato dalle categorie più fragili, cioè: - 1) minorenni; 2) infermi di mente; 3) persone che si trovassero in condizioni di deficienza psichica, anche lieve e/o transitoria, dovuta a qualunque fattore intrinseco o estrinseco, o all’assunzione di alcol o droghe; 4) persone il cui consenso fosse stato estorto con violenza, minaccia o suggestione.
Anche fuori da questi casi, il consenso, per essere lecitamente esperibile, avrebbe dovuto essere personale, serio, esplicito, non equivoco e perdurante, nelle forme oggi previste dalla legge n. 219/2017 in materia di disposizioni anticipate di trattamento e terapia del dolore. Si tratta di regole già scolpite dal diritto vivente, a proposito del delitto di omicidio del consenziente oggi vigente: regole che, unitamente all’attuale normativa in materia di rifiuto dell’accanimento terapeutico e di liceità dell’aiuto al suicidio, avrebbero escluso ogni rischio in ordine alla normativa di risulta per i soggetti più fragili.
Peraltro, la Corte costituzionale avrebbe potuto comunque intervenire a posteriori sulla normativa di risulta, nel caso si fossero presentate delle criticità, delle quali però non si vedevano concretamente le possibilità: in tal modo si sarebbe potuto comunque dare la possibilità al popolo di votare su un argomento che, al di là dei formalismi, è noto e dibattuto nell’opinione pubblica da tempo, grazie alle battaglie giudiziarie di DJ Fabo, Welby e tanti altri coraggiosi amanti della libertà come loro.
Riviviamo perciò oggi la delusione cocente di tante altre sentenze che hanno mortificato i diritti civili e speravamo che questa Corte costituzionale avrebbe aperto una nuova stagione di riforme, con al centro i diritti e le libertà individuali, anche grazie al fatto che oltre un milione e mezzo di italiani avevano firmato per il referendum sul fine vita.
Occorreva e occorre più rispetto e considerazione per la volontà popolare e per gli istituti costituzionali di democrazia diretta.
I cittadini non devono pensare che la loro firma e che il loro gesto di partecipazione politica, è inutile e si scontra contro incomprensibili formalismi.
La sentenza della Corte indebolisce e frustra la politica e la partecipazione.
Ringraziamo i nostri avvocati Alfonso Celotto e Guido Camera che hanno rappresentato +Europa nel collegio difensivo del quesito sul fine vita presso la Corte Costituzionale.
Rivedi l'intervista dell'Avvocato Celotto a Radio Radicale