Siamo stati da subito al fianco di Mario Draghi Presidente del Consiglio, e ne abbiamo sostenuto le decisioni, a partire da quelle sulla pandemia e la campagna di vaccinazione.
Lo abbiamo fatto in Parlamento e nella discussione pubblica.
Abbiamo condiviso la decisione tempestiva e senza reticenze di sostenere l’Ucraina di fronte all’aggressione della Russia di Putin, sia dal punto di vista umanitario e finanziario che da quello della difesa, con l’invio di armi che hanno contribuito ad arginare l’invasione.
Un allineamento alle posizioni euro-atlantiche frutto della convinta difesa del diritto internazionale e del sostegno a chi si batte per difendere la libertà e la democrazia.
Abbiamo apprezzato e riconosciuto la capacità di Mario Draghi di portare l’Italia ad assumere un ruolo da protagonista nell’ambito dell’Unione europea, non più l’Italia che usa l’Ue come capro espiatorio dei problemi interni, ma che si batte per influenzare le decisioni comuni: la dimostrazione che l’interesse nazionale si fa incidendo sulle decisioni europee confrontandosi con gli altri grandi paesi membri, non seguendo la retorica sovranista e antieuropea che finirebbe per accomunarci ai paesi in conflitto con Bruxelles.
Nel caso della concessione all’Ucraina dello status di Paese candidato all’ingresso nell’Ue, Mario Draghi è stato da subito il più risoluto e lungimirante; dall’iniziale isolamento cui si era trovata l’Italia su questa proposta, siamo in poche settimane arrivati ad una decisione unanime.
Sul PNRR l’azione del Governo è stata incisiva, soprattutto perché ha accentuato il ruolo decisivo delle riforme per aumentare la produttività italiana, a partire da giustizia e concorrenza.
Insomma, la perfezione non è di questo mondo e certamente non appartiene alla politica, ma in un momento difficile l’Italia ha avuto una guida salda ed europeista che le ha procurato attenzione e rispetto.
Grazie Mario
Nasce alla Camera dei Deputati l’intergruppo parlamentare “United for Ukraine – Italia”. L’iniziativa è stata presentata oggi, presso la sala stampa della Camera dei Deputati, da Lia Quartapelle, deputata del Partito Democratico, Riccardo Magi, deputato e Presidente di Più Europa, con Anna Ascani, deputata del Partito Democratica e vicepresidente della Camera, e Benedetto Della Vedova, deputato e segretario di Più Europa.
L’intergruppo ha in programma di organizzare, prima della fine dell’anno, una nuova missione a Kiev.
“Presentiamo oggi – ha sottolineato Lia Quartapelle - l’iniziativa dell’intergruppo parlamentare ‘United for Ukraine – Italia’: un’iniziativa di dialogo tra il Parlamento italiano, quello ucraino, quello europeo e quelli di vari altri Paesi europei e appartenenti alla Nato, che coltiviamo dalla scorsa legislatura. È un’iniziativa importante per dare un contributo parlamentare a tutte le iniziative per la ricostruzione e la ricerca della giustizia internazionale contro chi in questo momento sta commettendo crimini di guerra. Il dialogo interparlamentare è una delle chiavi per favorire il negoziato di pace e pensiamo che il Parlamento italiano debba essere in prima linea”.
Secondo Riccardo Magi “è importante esprimere, non solo simbolicamente, ma concretamente con un avvio di lavoro interparlamentare una posizione netta in sostengo dell’Ucraina. Lanciamo un appello trasversale: si smetta di utilizzare la guerra, che riguarda i fondamentali alla base della nostra Repubblica, per dinamiche interne alle coalizioni. Le parole di Berlusconi destabilizzavano non solo la formazione del Governo ma anche il posizionamento del Governo italiano in una fase delicatissima”.
“È una grande responsabilità – ha aggiunto Anna Ascani - iniziare il nuovo mandato da vicepresidente della Camera con questa iniziativa. È simbolicamente importante collocarsi dalla parte giusta della storia. Il posizionamento italiano a livello internazionale non può essere messo in discussione dalle trattative per la formazione di un nuovo esecutivo e le istituzioni italiane devono fare la loro parte per favorire una pace giusta”.
Per Benedetto Della Vedova, “dopo 8 mesi di guerra c’è bisogno, più di prima, di insistere sul piano parlamentare a favore dell’Ucraina. La situazione sul campo rimane drammatica e resta un tema importante di sostegno economico. È dunque fondamentale raccogliere un ampio consenso parlamentare e il nuovo Governo non deve venire meno a impegni assunti dallo scorso Governo”, ha concluso Della Vedova.
Intervista a Emma Bonino di Valentina Ascione e Angela Azzaro per Il Riformista
Emma Bonino, storica leader radicale, fondatrice di Più Europa. Una vita in prima linea nella lotta per i diritti delle donne, e non solo. Inclusa la libertà di scelta sull’aborto. L’abbiamo intervistata all’indomani della bufera sul disegno di legge depositato dal senatore Maurizio Gasparri (Forza Italia), “per il riconoscimento giuridico del concepito”.
Insomma, Bonino, la destra in parlamento parte subito all’attacco della legge 194...
Lo stesso ddl era stato presentato nella scorsa legislatura e in quella precedente, quindi da parte di Gasparri nessuna novità. La novità semmai risiede nel contesto politico generale e cioè nella vittoria di una destra apertamente reazionaria sui diritti civili.
Come si può rispondere all’offensiva?
Dipenderà dal tipo di reazione che le donne opporranno a questa proposta. È una vita che mi sgolo dicendo: stiamo attenti, state attenti! I diritti non sono acquisiti per sempre e bisogna coltivarli e curarli ogni giorno. E poi capita di perderli. L’opposizione in parlamento dirà di no, ma visti i numeri non basta. Se non si muove nessuno, rischiamo che passi anche se non lo darei per scontato. Mi piacerebbe che, al di là delle dichiarazioni, si creasse una mobilitazione reale nel paese.
Eppure lei in campagna elettorale aveva messo in guardia sul pericolo di passi indietro sul terreno dei diritti. Il suo allarme non ha fatto breccia?
Mi spiace molto. Le uniche che si sono mosse su questo tema sono l’Associazione Luca Coscioni e altre associazioni. A parte loro, questo mio warning non è stato colto da nessuno.
Come mai?
Forse perché in gran parte le persone erano incredule o comunque credevano che non potesse succedere nulla di simile. E invece sta succedendo, perché l’impostazione della destra che ha vinto è non solo conservatrice, ma addirittura reazionaria, il che è insito nel populismo, nel nazionalismo. Quindi se non ci svegliamo, se il Paese non si sveglia neppure adesso, c’è da aver paura.
Insomma, i diritti civili, frutto di faticose battaglie, sono stati dati per scontati?
Quelli vecchi si danno sempre per scontati. Invece sui nuovi diritti ancora da conquistare non si insiste granché nel Paese, a parte quello che fanno Marco Cappato e pochi altri. Questo è un paese, sui diritti civili, abbastanza “indifferente”.
Proprio l’Associazione Luca Coscioni, con la sua Segretaria Filomena Gallo, sollecita una revisione della legge sull’interruzione di gravidanza per meglio tutelare i diritti delle donne.
In teoria ha ragione. In pratica, stante questa maggioranza, non ho fiducia che si vada nella direzione indicata dall’Associazione Coscioni. Certo la legge 194, che ha più di 40 anni, avrebbe bisogno di un “tagliando”, ma il mio timore è che nel clima attuale la messa a punto sia solo negativa. Per esempio, la legge già prevedeva, all’articolo 15, che gli ospedali autorizzati dovessero adottare le i metodi meno invasivi offerti dalla ricerca scientifica. E invece anche per autorizzare l’utilizzo della pillola abortiva, la Ru486, ci sono voluti dieci anni di lotte da parte di Silvio Viale e altri. E pure quando finalmente è stata autorizzata, sono stati fissati talmente tanti paletti, più o meno ipocriti, che nessuno poi li rispettava impedendo di fatto l’accesso a questo metodo.
Lorenzo Fontana
“Siamo tutti eredi del Duce”. “Non stringete la mano a nessuno, il contagio è letale. Usate il saluto romano, antivirus e antimicrobi”.
Ignazio La Russa
Ecco, crediamo che bastino queste “perle” dei due nuovi presidenti di Camera e Senato per capire quanto grave sia la situazione in Italia, per capire perché come +Europa abbiamo scelto di schierarci con il fronte dell’Europa e dei diritti alle elezioni.
Questo era il rischio che vedevamo in campagna elettorale, questa è la realtà ora e sul serio. Non è tempo di comodi terzismi.
Essere liberali e progressisti, oggi, significa lottare affinché l’Italia resti libera, senza compromesso alcuno con questa destra nostalgica e reazionaria.
Proprio per questo il voto di ieri di alcuni esponenti dell’opposizione a La Russa è davvero grave.
Proprio per questo, insieme ai nostri deputati, Benedetto Della Vedova e Riccardo Magi, lotteremo in Parlamento e nelle piazze per difendere le libertà conquistate e per nuovi diritti.
Dacci una mano, mai come ora serve unirsi e lottare.
Di Ilaria Donatio
Da trent’anni, il 10 ottobre, si celebra la Giornata Mondiale per la Salute Mentale, a lungo passata inosservata prima che la pandemia le restituisse - ahinoi - la visibilità che merita.
Perché - e lo sappiamo bene - la salute di ciascuno di noi passa anche (e soprattutto) attraverso la salute mentale. E che sia una priorità, lo ha ribadito l’Oms: infatti, il tema della campagna lanciata, quest’anno, dall’Organizzaione mondiale della Sanità, è stato proprio: “Make mental health and well-being for all a global priority”.
Eppure, in Italia si registra una spesa pubblica sanitaria destinata alla salute mentale pari al 3,5%, contro una media europea del 10%.
Secondo i dati contenuti nel Rapporto sulla salute mentale del 2020, sono state 728.338 le persone con problemi di salute mentale assistite dai servizi specialistici nel corso del 2020. Ma è legittimo credere che questo dato sia ben lontano dalla realtà, a maggior ragione dopo l’isolamento della pandemia: quanti sono quelli, tra noi, che convivono con una sofferenza emotiva e non cercano aiuto professionale, perché ignorano il tipo di supporto di cui avrebbero bisogno, per mancanza di fiducia oppure per vergogna?
I disturbi psicologici sono una gigantesca bomba ad orologeria che rischia di esplodere se non sono affrontati e non ce ne prendiamo cura.
Di salute mentale bisogna parlare. E farlo presto.
L’ultimo rapporto dell'Unicef “La Salute Mentale in Europa” ha rivelato che 9 milioni di adolescenti(tra i 10 e i 19 anni) convivono con un disturbo legato alla salute mentale. Più Europa riconosce l’urgenza di prenderci cura della salute mentale di giovani e adolescenti e per questa ragione ha proposto, durante la pandemia, il bonus psicologo, che introduca un rimborso forfettario di 10 sedute - così come avviene già in Francia - per tutti i minorenni che abbiano patito disagi dovuti all’isolamento post Covid. Perché il diritto alla salute sia davvero accessibile a tutti e non un privilegio di pochi.
Di Paolo Costanzo
Le possibili soluzioni alla crisi energetica
Contrariamente all’opinione comune, negli ultimi mesi il prezzo del petrolio ha registrato un drastico ridimensionamento inducendo il cartello OPEC a ridurne la produzione. Anche i prezzi delle altre materie prime, rame e altri metalli ferrosi e non ferrosi sono calati di oltre il 25 per cento negli ultimi tre mesi. Solo i prezzi delle materie prime agricole mostrano un certo incremento. Tale dinamica è spiegata dal rallentamento del ciclo economico mondiale e dalla crescita dei tassi d’interesse. Il dollaro, dopo la forte rivalutazione degli ultimi mesi, appare estremamente sopravvalutato ed è probabile che la quotazione dell’euro possa riprendersi, raffreddando ulteriormente i prezzi delle materie prime espressi nella moneta europea.
A differenza che in passato, il prezzo del gas ha subito oscillazioni in maniera asincrona rispetto alle altre materie prime energetiche e la sua crescita non è avvenuta in maniera omogenea in tutte le parti del mondo. Infatti, nell’ultimo anno negli Stati Uniti è triplicato, mentre in Europa è aumentato di quasi venti volte. Si è così aperto un enorme spread nel prezzo del gas fra le due sponde dell’Atlantico e, seppure in misura inferiore, fra l’Europa e l’Asia. Le differenti dinamiche, che peraltro avevano cominciato a manifestarsi lo scorso anno, si sono ampliate a partire da febbraio 2022 a causa dei problemi alle importazioni del gas russo. I costi di trasporto del gas sono molto alti ed esistono molti vincoli tecnologici al suo commercio. Il mercato europeo del gas è abbastanza ben interconnesso grazie a una vasta rete di gasdotti, ma la scarsità di rigassificatori non permette all’Europa di godere della necessaria flessibilità in termini di offerta dal resto del mondo, il che fa sì che la crisi energetica sia essenzialmente una crisi europea. Il carattere europeo della crisi energetica trova una ulteriore conferma nel fatto che l’Unione europea ha deciso di fissare il prezzo dell’elettricità utilizzando il cosiddetto meccanismo di Marginal pricing o Pay-as-clear. Questo rende la rete elettrica molto stabile, perché garantisce l’incontro fra domanda e offerta e favorisce la transizione energetica verso le rinnovabili che hanno un costo marginale pari a zero, ma finisce per legare il prezzo dell’elettricità a quello (marginale) del gas, oggi non più stabile e a buon mercato come un tempo. Probabilmente la crisi energetica europea durerà anche nel 2023 ed è verosimile ritenere che il rischio di entrare in una grave recessione o meglio stagflazione, dato che gli altissimi prezzi dell’energia non possono che tenere alta l’inflazione, è molto concreto. Inoltre, la dimensione dell’aumento del prezzo del gas rende i bilanci pubblici nazionali, già provati dalla pandemia, del tutto inadeguati ad attenuare il problema. Solo in Italia per avvicinare il prezzo del gas a quello americano servirebbero più di 150 miliardi di euro all’anno e le misure adottate dal Governo Draghi nel 2022 hanno inciso per oltre 65 miliardi di euro.
Se la crisi energetica ha una dimensione prevalentemente europea, le risposte devono essere europee seguendo direttrici di politica industriale e di carattere fiscale. Da un punto di vista industriale dovranno essere messi in funzione molti rigassificatori e si dovrà determinare un coordinamento degli acquisti di gas sul mercato internazionale. La concorrenza dei mesi scorsi tra i diversi paesi europei per accaparrarsi il gas dai paesi extra-europei ha fatto lievitare ulteriormente i prezzi. Nel medio periodo si dovrebbero anche aumentare le interconnessioni delle reti elettriche e dei gasdotti. L’impossibilità di immagazzinare energia, consiglia di potenziare la distribuzione in modo tale da massimizzare l’efficienza della generazione, soprattutto da fonti rinnovabili che non sono programmabili: per esempio, un eccesso di generazione da eolico nel Mare del Nord o da nucleare in Francia dovrebbe esser velocemente ed efficacemente trasmesso a mercati limitrofi, così come un eccesso di Gas Naturale Liquefatto nella penisola iberica dovrebbe poter raggiungere Francia o Italia per ridurre temporanei deficit di gas. Un mercato energetico più interconnesso e più efficiente permetterebbe di ridurre la dipendenza europea da fonti fossili, accelererebbe il raggiungimento dei target ambientali fissati in sede europea e sarebbe un passaggio in avanti verso una maggiore integrazione economica e politica. Questi investimenti, desiderabili ed essenziali per la futura sicurezza energetica, richiedono tuttavia lunghi tempi di implementazione e non possono portare a benefici immediati.
Un altro strumento utile per ridurre i costi del gas e migliorare la credibilità dell’Europa, come potenza unita e determinata nel difendere gli interessi comunitari, potrebbe essere quello creare un’entità che si proponesse come acquirente unico europeo per il gas. L’acquirente unico dovrebbe centralizzare gli acquisti di gas e sostituire la moltitudine di importatori, aggregandone i volumi domandati. In tal modo, l’Unione Europea potrebbe aumentare il proprio potere contrattuale sui mercati internazionali e beneficerebbe di inferiori prezzi di vendita alle frontiere.
È inoltre importante trasformare, almeno temporaneamente, il meccanismo di formazione dei prezzi all’ingrosso dell’elettricità utilizzando una formula che guardi più al costo medio di ciascuna fonte energetica. È poi assolutamente necessario accelerare i processi autorizzativi degli impianti di energie alternative, ancora troppo lunghi e farraginosi. Gli incentivi che il sistema tariffario elettrico ha concesso al settore non si sono trasformati in altrettanti investimenti, dati i vincoli di natura amministrativa. In alternativa si potrebbe disaccoppiare temporaneamente gas ed energia elettrica applicando un prezzo diverso a una parte dell’elettricità generata da rinnovabili o nucleare, quindi a un costo marginale prossimo allo zero. Il gas naturale è la fonte energetica residuale, perché le centrali a ciclo combinato sono le più flessibili e sono quelle che devono coprire i gap causati dalle oscillazioni di domanda e offerta. Da un punto di vista di mercato, ha senso remunerare l’energia al costo marginale di produzione, ovvero generazione a gas con l’attuale struttura dei costi, ed incentivare tramite profitti, anche elevati, le fonti rinnovabili che non generano emissioni clima-alteranti, ma la cui messa a terra richiede importanti investimenti di lungo periodo. Data la crisi attuale e dato che alcune tecnologie rinnovabili hanno superato la fase iniziale in cui era imprescindibile incentivarne l’installazione, si potrebbero separare le componenti in bolletta. La parte legata alle rinnovabili potrebbe esser remunerata diversamente dalla parte legata alle fonti fossili e andrebbero considerati gli enormi investimenti fissi iniziali e i costi della rete nel gestire un’offerta volatile e aleatoria. Occorre allo stesso tempo trovare soluzioni che evitino il rischio di disincentivare gli ulteriori investimenti necessari a sviluppare le rinnovabili nel momento in cui il sistema energetico europeo ne avrebbe più bisogno.
Un’ulteriore misura da adottare consiste nello smantellare il Ttf, la borsa del gas olandese, a favore di una nuova piattaforma, introducendo dei parametri minimi e massimi sul prezzo del gas ricavati da un mix di altri titoli di riferimento nel mercato energetico americano e asiatico. Il TFT (Title Transfer Facility) è un mercato virtuale (un hub) per lo scambio del gas naturale. Insieme al Nymex (New York Mercantile Exchange) e all’Ice (Intercontinental Exchange) di Atlanta, che è specializzato in contratti derivati otc sull’energia, è uno dei principali mercati di riferimento per lo scambio del gas in Europa e in Italia. Questo mercato spot, molto volatile come tutti i suoi simili, ha progressivamente sostituito i contratti bilaterali a lunga scadenza tra i Paesi. Esso consente non solo ai commercianti all’ingrosso, ma anche ai trader finanziari, di determinare il prezzo dei contratti a termine sul gas naturale. I prezzi future riguardano una consegna più lontana nel tempo e possono essere negoziati più volte prima della scadenza. Le scommesse degli hedge fund sulla borsa Ttf hanno creato una scarsità artificiale di gas e portato i prezzi a un livello insostenibile, ben prima della guerra in Ucraina.
Sul fronte fiscale, poi, l’Europa deve mutualizzare gli aiuti a famiglie e imprese selezionando con attenzione i beneficiari. In un recente intervento, Gentiloni e Breton hanno rilanciato l’idea di replicare Sure, lo strumento di debito comune per fornire prestiti agli stati membri per finanziare la cassa integrazione durante i lockdown, e di ridistribuire i 200 miliardi di prestiti inutilizzati del Recovery fund.
Tutte le soluzioni citate, di breve e medio periodo, dovranno comunque considerare una significativa riduzione dei consumi pari ad almeno il 10% rispetto allo scorso anno (anche attraverso una maggiore incisività nella transizione a modelli organizzativi circolari) e l’introduzione di un tetto al costo di importazione del gas russo che dovrà essere accompagnato da un piano di emergenza nel caso venissero tagliate le forniture ai paesi maggiormente dipendenti dal metano importato dai gasdotti controllati da Putin.
Da Roma a Milano, passando per Cagliari, Ravenna, Bologna, Verona, Torino, Como e altre città che si aggiungeranno nei prossimi giorni: +Europa è vicina e solidale con le giovani e i giovani iraniani che scendono coraggiosamente in strada e sfidano il regime.
Per questo Più Europa ha previsto una serie di appuntamenti simbolici, in varie città italiane, a testimonianza della condivisione dell’anelito di libertà, giustizia e diritti delle ragazze e dei ragazzi iraniani.
In ogni città verrà coperta una statua con lo Hijab - così come l’oppressivo regime iraniano copre le donne e soffoca diritti e desiderio di giustizia e di una vita serena – per poi essere “svelata”, a sostegno del desiderio di libertà che arriva dalle strade delle città iraniane.
Gli appuntamenti (lista in aggiornamento)
Martedì 4 ottobre
Roma: alle ore 15 in piazzale Ferdowsi (Villa Borghese), alla presenza di Emma Bonino, Benedetto Della Vedova, Riccardo Magi e Maria Saeli.
Mercoledì 5 ottobre
Milano: alle 11.30 in piazza Giulio Cesare davanti alle statue delle stagioni con, tra gli altri, Simona Viola, componente della segreteria di +Europa e Paolo Costanzo, coordinatore di Più Europa Milano.
Giovedì 6 ottobre
Cagliari: ore 17.35 Piazza Vittime Moby Prince (Fronte Darsena)
Venerdì 7 ottobre
Ravenna: ore 18. Giardino Rinaldo Da Concorezzo a fianco della tomba di Dante
Sabato 8 ottobre
Bologna: ore 14 via Ugo Bassi
Cuneo: ore 11, statua Ulisse in Corso Nizza 2
Martedì 11 ottobre
Treviso: ore 9, calle del Podestà Fontana delle Tette
Verona: ore 11.45, Via Cappello 23
Giovedì 13 ottobre
Torino: ore 13 in via Verdi 39 davanti alla Statua l'Eco
Venerdì 14 ottobre
Napoli: ore 17, Via Sigmund Freud
Sabato 15 ottobre
Vicenza: ore 15. Teatro Olimpico, piazza Matteotti.
Parma: ore 16. Piazzale della pace, statua del Partigiano.
Padova: ore 15. Palazzo Moroni
Domenica 16 ottobre
Avellino: ore 11 Piazza Libertà
Martedì 18 ottobre
Pordenone: ore 17.10 piazza Cavour
Sabato 22 ottobre
Rieti
Di Lorenzo Strik Lievers
Gianfranco Spadaccia; un leader, un protagonista, un maestro. Con lui scompare una figura centrale e decisiva della vita di un partito, come quello radicale, che ha segnato a fondo la storia dell’Italia repubblicana. Il suo ruolo è stato fondamentale, accanto a Marco Pannella, dai tempi, negli anni sessanta, in cui il partito radicale era una minuscola formazione di qualche decina di persone, ma capace di ideare, guidare e condurre grandi battaglie come quelle per il divorzio, l’aborto, il nuovo diritto di famiglia, i diritti civili. Oltre che protagonista in prima persona di quelle battaglie, Spadaccia è stato il vero e proprio maestro e formatore di generazioni di militanti e dirigenti radicali, quello che più e meglio di tutti contribuiva a tenere insieme e a far crescere il partito, in condizioni spesso di gravi difficoltà, da segretario o da guida e sostegno di chi dopo di lui aveva assunto quella carica. Ho avuto la fortuna di poter godere del suo insegnamento e della sua guida per una legislatura in Senato, e posso testimoniarlo: presidente di un piccolo gruppo di opposizione, per il suo prestigio personale era uno dei senatori più rispettati e ascoltati in quell’aula.
Ma ancora, va ricordato, Gianfranco Spadaccia è stato, in modo direi straordinario, fedele sempre alla storia che era la sua. Entrato in contrasto su alcuni temi con Marco Pannella all’inizio degli anni novanta, aveva scelto di ritirarsi dall’attività politica. Più d’una volta gli erano state offerte, da altri, possibilità di rientro in politica in posizioni di prestigio. Ma le aveva sempre fatte cadere. Ho fatto sempre politica con Pannella, diceva, ora la farei contro di lui; non posso e non voglio. Quando poi le ragioni di dissenso sono state superate, ha scelto di rientrare, da militante, tra i radicali senza mai cercare ruoli di direzione. E infine, da radicale, per difendere e sviluppare le ragioni e le speranze di una vita di radicale, aveva dato mano a creare l’esperienza di Più Europa.
Infine, negli ultimi anni si era dedicato a scrivere un libro, uscito di recente, sulla storia del partito radicale. Una storia che, non a caso, è insieme la sua autobiografia, concepita e scritta come tale. L’ assenza di Gianfranco Spadacccia peserà come poche. L’esempio e il ricordo rimarranno preziosi.
Intervista di Emma Bonino a Carlo Marroni, Il Sole 24 Ore
Senatrice Bonino, perché gli italiani dovrebbero votarvi?
Perché rappresentiamo il voto liberale che non aiuta la destra di Salvini e Meloni. Libertà economiche e libertà civili vanno insieme.
L’Europa è al centro del suo programma, sente realmente minacciata questa certezza per il nostro Paese?
Meloni ha detto che se vince lei in Europa “finisce la pacchia”. Ecco, finirebbe la pacchia per l’Italia di avere Draghi, protagonista nell’Ue nell’interesse dell’Italia. E torneremmo all’Italia lamentosa e ostile all’Europa, come è sempre stato per Salvini e Meloni, che hanno sempre considerato l’ungherese Orban come un modello. E in effetti a destra Draghi o non lo hanno mai votato o lo hanno cacciato.
Il pacchetto fiscale del programma di +Europa è ambizioso: interventi sull’Iva, riduzioni degli acconti, no tax area fino a 10mila euro a cali delle aliquote Irpef. Ma soprattutto accordo preventivo con il fisco per la determinazione del reddito tassabile. Ma le risorse ci sono?
Il primo impegno di +Europa è quello di proporre cose fattibili, non slogan irrealizzabili o favolette. Le risorse per coprire la nostra proposta fiscale sono di 20 miliardi; alcune misure, com’è scritto nel programma, saranno diluite nella legislatura, come la riduzione degli acconti dell’IVA e delle altre imposte. Le risorse si recuperano anzitutto rivedendo la spesa corrente e le spese fiscali, ad iniziare dalla moltitudine dei bonus e delle tax expenditures, agevolazioni, deduzioni, detrazioni e chi più ne ha più ne metta, che in tutto superano i 70 miliardi all’anno. Di questi almeno una quindicina potrebbero essere recuperati con una seria ed equilibrata politica di bilancio. Inoltre, con una revisione del reddito di cittadinanza, senza smantellare gli aiuti a chi davvero è in difficoltà, si possono recuperare altri 5 miliardi. Per non parlare dei 5-7 miliardi che si possono recuperare con la legalizzazione della cannabis togliendo questi introiti alle mafie o il miliardo che arriverebbe dalla regolarizzazione dei 500 mila stranieri irregolari già presenti in Italia.
Per l’aumento del gettito – oltre alla vendita di Ita… - proponete sostanzialmente la lotta all’evasione fiscale, ma è noto che si tratta di entrate previste sempre, e sempre molto aleatorie. E anche di ridurre i sussidi dannosi per l’ambiente.
L’evasione fiscale va combattuta con nuovi strumenti che +Europa propone come immediatamente realizzabili. Il primo è l’incrocio delle decine di banche dati che lo stato ha a disposizione e che non dialogano tra di loro. Il secondo strumento è l’accordo preventivo tra fisco e contribuente: è il miglior strumento di contrasto all’evasione, compresa l’evasione da riscossione, perché è come un contratto fra contribuente e Stato, dove lo Stato è vincolato a non tormentare il contribuente con adempimenti inutili, complicatissimi, con costi di gestione della contabilità e di tutte le scartoffie che poi mai nessuno controllerà. E dove ovviamente il contribuente è vincolato a pagare quanto concordato in maniera preventiva. Sarebbe un risparmio secco di decine di miliardi sia per i cittadini, sia per l’erario. Per le società di medie egrandi dimensioni, poi, si propone l’allargamento, fino a renderla obbligatoria, della compliance: un modo efficace di collaborazione preventiva tra aziende e fisco che ridurrebbe in maniera significativa l’altra faccia della dispersione delle risorse, cioè l’elusione. Cose, tutte queste, fattibili in 12 mesi se vi fosse coesione politica e se +Europa avesse la forza parlamentare per portare avanti questi progetti. I sussidi dello Stato a favore delle attività inquinanti pesano oltre 30 miliardi, una cifra importante che va rivista con una politica di bilancio mirata. +Europa, d’altra parte, è l’unico partito che propone una tassazione ambientale di vantaggio: meno inquini, meno tasse paghi.
Nel programma si parla introduzione in Costituzione del principio di equità generazionale per evitare scelte miopi che creano indebitamento irresponsabile verso le nuove generazioni, una specie di articolo 81 adattato ai tempi. Ma come potrebbe essere declinato?
Sì, un ampliamento dell’art. 81. Come si è giustamente scritto nell’art. 9, di recente modificato, che l’ambiente e l’ecosistema devono essere tutelati “nell’interesse delle generazioni future”, così le finanze pubbliche devono essere tutelate nell’interesse delle future generazioni. Qui il discorso è semplice: più debito per spesa corrente si fa oggi, più dovrà pagare chi verrà dopo di noi domani. Di qui non si scappa. A meno che non si immagini che arrivi mago Merlino a far sparire con la bacchetta magica gli oltre 2700miliardi di debito che già abbiamo accumulato.
Volete riformare il Reddito di cittadinanza, costato molto ma anche con una sua efficacia per le fasce più deboli. Cosa fare allora?
Draghi aveva iniziato a rivedere il reddito di cittadinanza, ad esempio aprendo al coinvolgimento del collocamento privato. Non ha senso oggi abolirlo, come chiedono Meloni e Renzi, ma bisogna riformarlo, per evitare le truffe e per evitare che diventi un disincentivo al lavoro o un incentivo al lavoro nero.
Altro tema sono nuovi strumenti flessibili per favorire le assunzioni. Oltre alla decontribuzione fino a 35 anni cosa proponete?
Il lavoro non lo crea lo Stato, ma l’impresa. E si crea consentendo alle imprese di produrre e aumentare la competitività. La produttività delle imprese in Italia è ferma da troppi anni e su questi temi si deve agire subito incentivando l’innovazione, aprendo alla quinta rivoluzione industriale e accogliendo una sana ed equilibrata concorrenza. Nell’immediato, però, occorre provare a dare risposte ai giovani: si deve spingere sulla decontribuzione, sul bonus lavoro per i lavori estemporanei, ma anche sulle premialità alle aziende che si fanno “scuole” di mestieri e di saperi, fino a riconoscere loro premi in riduzione delle imposte se conseguono obiettivi di formazione e assunzione. Un modo nuovo di guardare all’impresa e alla costruzione del futuro dei giovani.
La parte scuola è molto ricca – compreso l’obbligo fino a 18 anni, accolto non da tutti con entusiasmo - e anche finanziariamente impegnativa: dove bisogna tagliare per dare più all’istruzione
Scuola, istruzione e ricerca sono così prioritari che abbiamo deciso di aprire il programma proprio su questo. Proponiamo di aumentare gli investimenti in misura significativa: un punto di PIL in più rispetto all’attuale 0,50 è il minimo che si possa fare nella prossima legislatura per riaccendere i motori del paese. Questo vuol dire trovare 3 miliardi e mezzo all’anno nelle pieghe del bilancio. Su 900 miliardi dispesa pubblica, di cui solo 40 per investimenti, è un risultato raggiungibile. Penso ad esempio alla giungla della spesa cosiddetta intermedia, quella cioè che riguarda il funzionamento degli organi istituzionali, dei ministeri e delle regioni. Non sarebbe difficile riuscirci.
La sua candidatura è anche il baluardo per le lotte sui diritti civili. Al primo punto lo “ius scholae”, ma molto altro.
Sui diritti noi siamo netti, perché non è più il tempo della timidezza. Dare la cittadinanza ai ragazzi stranieri che hanno studiato per anni in Italia significa legarli al nostro paese: abbiamo una situazione demografica drammatica, sarebbe assurdo perdere ragazzi su cui abbiamo investito. Sulla legalizzazione della cannabis siamo in ritardo, visto che la Germania arriverà prima. Per l’Italia sarebbe una grande occasione dal punto di vista economico ed occupazionale: meno soldi alle mafie e più entrate per lo stato. Sull’immigrazione bisogna agire in Europa per dare poteri veri alla Commissione e aprire canali legali sicuri e controllati in alternativa alla tratta dei trafficanti di esseri umani.
Lei e l'ex alleato Calenda siete avversari a Roma per il Senato, un collegio simbolo a questo punto...
Io sono candidata a Roma al Senato, nel collegio dove sono stata già candidata ed eletta alle ultime elezioni, era pacifico che mi ricandidassi lì. La legge elettorale ha una parte decisiva di tipo maggioritario, dove chi fa un voto in più vince. Nel collegio senatoriale di Roma la corsa per un seggio è a due, tra me e la candidata di fratelli d’Italia. Il fatto che il voto progressista a Calenda aiuti la mia avversaria è un automatismo dovuto alla legge elettorale. Sul dopo vediamo, intanto devo batterlo per il Senato.
Da quando siamo nati siamo sempre dalla stessa parte: quella dell’Europa, dei diritti civili e delle libertà economiche di ogni persona.
Abbiamo lottato, e continueremo a farlo, per rendere più libere e consapevoli le vite dei cittadini e delle cittadine italiane.
Il nostro + davanti alla parola Europa è una sfida aperta al sovranismo e alle democrazie illiberali. Perché dove crescono i diritti cresce la libertà e migliora la democrazia.
Il 25 settembre scegli +Europa, il partito delle persone che lottano per cambiare l’Italia un diritto alla volta.
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Di Valerio Federico
Subito dopo le elezioni il nuovo governo dovrà preparare la finanziaria che in ottobre (ma verrà chiesto un rinvio), sotto forma di “Documento programmatico di bilancio per il 2023”, dovrà trasmettere alla Commissione europea.
Nel DEF 2022 è pevisto che il saldo primario, la differenza tra le entrate e le spese al netto di quelle per interessi, oggi a meno 2% circa, grazie a Draghi (nel 2020 era a meno 6), torni ad essere positivo nel 2025.
Il rapporto debito/PIL dovrà proseguire la sua riduzione, di 5 punti e mezzo dal 2022 al 2025.
L’UE ha chiesto a maggio all’Italia di “limitare le spese correnti” e va ricordato che nel 2024 si esaurirà la sospensione del patto di stabilità europeo, il cui mancato rispetto porta a procedure di infrazione per disavanzo eccessivo. Il governo Draghi sarebbe stato, peraltro, la migliore occasione per l’Italia di partecipare con autorevolezza al negoziato per la revisione del patto stesso.
Ecco che tutte le promesse dei partiti da campagna elettorale che non prevedono adeguate coperture, quindi a debito, flat tax, quota 41, pensioni più alte, una mensilità in regalo, condoni fiscali, rimbalzeranno di fronte all’UE e ai mercati. Nessuna di queste verrà prevista nella prima finanziaria e negli anni a venire andranno incontro agli ostacoli citati che le renderanno impossibili. Possiamo già immaginare che si imputerà all’Unione europea, o ai complotti della finanza “cattiva”, l’impossibilità di attuare queste riforme “salvifiche”.
+Europa, in questo contesto, è l’unico partito che nel suo programma prevede di ridurre gradualmente il rapporto tra debito pubblico e PIL, impegnandosi a mantenere un tasso di crescita della spesa primaria al di sotto del tasso di crescita del Pil, purché tale tasso di crescita ecceda, in termini reali, lo 0,5 per cento del PIL, fino al raggiungimento di un livello di avanzo primario che consenta, dati i tassi di interesse di mercato, un calo del rapporto di debito di 2-3 punti percentuali l’anno.
+Europa prevede inoltre di recuperare risorse (i) dai 5 ai 7 miliardi l’anno, dalla legalizzazione del mercato della cannabis (ii), intervenendo subito sugli 11 miliardi all’anno che gli enti locali versano, al di fuori dei contratti di servizio, alle “proprie” società partecipate, mettendole a gara (iii) accrescendo tibuti a carico delle imprese che inquinano.
Questo precisato, ogni proposta di +Europa che comporta maggiore spesa sarà vincolata e commisurata, nella sua entità e nella sua gradualità, alla prima necessità, quella di ridurre di almeno due punti all’anno il rapporto debito/PIL. In questo senso le principali proposte di +Europa che comportano spese riguardano forme di decontribuzione per gli under 35 e per le imprese che li hanno in organico e consistenti investimenti in istruzione, formazione e tecnologia per accrescere la produttività e quindi, in prospettiva, i salari.
In merito alla spesa pensionistica questa non dovrà in alcun modo crescere e +Europa sostiene la proposta Draghi, flessibilità in uscita senza maggiori oneri per lo stato, chi lascia il lavoro prima lo fa con una pensione commisurata ai contributi versati.
Per un particolare meccanismo a termine, la crescita dell’inflazione oggi, combinata con l’accurata politica economica di Draghi, permette e permetterà di avere ancora a disposizione delle risorse inattese che dovranno essere destinate a fronteggiare nell’immediato il caro-energia, a beneficio delle imprese, a partire da quelle energivore e, in primis, dei meno abbienti; le misure si rendono necessarie con urgenza e dovranno essere adeguate, pur con l’accortezza di non disincentivare il risparmio energetico.
Per fronteggiare i rincari occorre una strategia europea che valuti le opzioni di un tetto al prezzo del gas e delinei una strategia energetica comune. Sul piano nazionale si deve procedere con investimenti che intervengano sull’offerta e limitino la domanda: rigassificatori, stoccaggio, risparmi sul consumo, accelerazione delle procedure autorizzative per lo sfruttamento delle rinnovabili, un piano di intensificazione dell’utilizzo dei giacimenti italiani, investimenti sull’eolico offshore, ottimizzazione dell’importazione di energia elettrica da fornitori esteri. Non ci sarà spazio invece per le sparate populiste di molti partiti, alle quali, vi è da augurarsi, gli italiani non ripongano più la loro fiducia.
Una storia ribelle, una vita passata a lottare per le libertà e i diritti delle persone, di ogni persona.
Con lo sguardo sempre avanti e un unico grande sogno: gli Stati Uniti d’Europa.
Lunedì 12 settembre, al Teatro Santa Chiara a Roma, Emma Bonino si è raccontata ad Alessandro Cecchi Paone.
Le elettrici e gli elettori affetti da gravissime infermità, o che si trovino in condizioni di dipendenza continuativa e vitale da apparecchiature elettromedicali, tali che l’allontanamento dall’abitazione in cui dimorano risulti impossibile, possono richiedere al Sindaco del Comune nelle cui liste elettorali sono iscritti, entro il giorno lunedì 5 settembre 2022, di esprimere il proprio voto presso l’abitazione in cui dimorano.
A tale fine è necessario fare pervenire al Sindaco, oltre che la dichiarazione attestante la volontà di esprimere il voto presso la propria dimora, un certificato rilasciato dal funzionario medico designato dai competenti organi dell’Azienda Sanitaria Locale (per informazioni rivolgersi al proprio medico curante) che attesti l’esistenza delle condizioni di infermità o di dipendenza continuativa e vitale da apparecchiature elettromedicali, copia di un documento di identità e della tessera elettorale.
Di Yuri Guaiana
Il presidente serbo Aleksandar Vucic ha oggi annunciato l'annullamento dell'Europride, programmato a Belgrado il 17 settembre prossimo, per la prima volta in un paese dei Balcani, citando in particolare le nuove tensioni in Kosovo e i problemi legati alla crisi energetica e alimentare.
Siamo solidali con l'organizzazione del Belgrado Pride - EuroPride 2022. Riteniamo l’annunciato divieto dell’EuroPride inaccettabile e ingiustificabile, considerando che la Corte costituzionale serba ha precedentemente dichiarato incostituzionali i divieti dei Pride in Serbia nel 2011, 2012 e 2013.
Le giustificazioni sembrano pretestuose (cosa c’entrano la crisi energetica e alimentare con l’EuroPride) e inquietanti (il presidente serbo pensa forse di alimentare ulteriormente le tensioni con il Kossovo dopo i gravi episodi di luglio?).
Sembra piuttosto che l’annuncio sia un cedimento alle pressioni della Chiesa ortodossa e dei gruppi di estrema destra. Speriamo che non ci sia anche lo zampino del Cremlino.
In qualità di Paese candidato all'adesione all'Unione Europea, la Serbia dovrebbe mostrare un maggiore rispetto per i valori europei e i diritti umani, come quello alla libertà di riunione e di associazione pacifica.
L’EuroPride porterà molti milioni di dinari nell'economia locale e permetterà alla Serbia di dimostrare che sta diventando una nazione europea progressista e accogliente.
Durante il processo di candidatura per l'EuroPride 2022, il Primo Ministro della Serbia, Ana Brnabic, ha promesso il pieno sostegno del governo serbo all'EuroPride di Belgrado, ci aspettiamo che questa promessa venga mantenuta.
Ci metteremo subito in contatto con il Movimento dei Cittadini Liberi (partito liberale serbo) per offrire il nostro sostegno.