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  • published Direzione del 28 febbraio 2022 in Video 2022-03-30 10:44:27 +0200

    Direzione del 28 febbraio 2022

    Direzione di +Europa del 28 febbraio 2022

  • Emma Bonino a Il Tempo: "Biden ha sbagliato frase. Ma non giustifichiamo Putin".

    Intervista di Pietro De Leo

    Senatrice Bonino, proveniamo da 72 ore in cui, oltre al dramma del conflitto, è arrivata la dirompenza delle parole di Joe Biden, che pare aver invocato, per quanto poi corretto dalla Casa Bianca, il golpe in Russia. Lei come valuta questa sortita per contenuto e tempistica?

    Biden è stato poco felice nell’espressione “quest’uomo non deve rimanere al potere”: anche se è probabilmente un auspicio di molti, poteva apparire come la volontà di forzare direttamente una deposizione di Putin. La Casa Bianca ha precisato e sfumato, la guerra si gioca, e non da ora, anche sulla comunicazione e la propaganda. Ciò detto, non dimentichiamoci che nel frattempo Putin ha mandato i sicari ceceni a Kiev per uccide Zelensky che si è comunque detto pronto ad incontrarlo per negoziare. E soprattutto, non usiamo le parole di Biden per rispolverare la tesi secondo cui sarebbe tutta colpa dell’Occidente: la Nato e l’Europa non hanno alcuna responsabilità, quella di Putin è una invasione gratuita verso un paese democratico, libero, che ha aspirazioni europee. Ed è questo, e non altro, che Putin non sopporta. 

    In Europa ci sono state prese di distanza da parte di Borrel, Macron e Scholz. Cosa va cambiato, nell’affrontare questa crisi bellica, nel rapporto tra Ue e Stati Uniti? 

    A parte episodi come questo, pur rilevante, nella gestione di questa crisi USA e UE hanno giustamente agito all’unisono, sulle sanzioni, sul no all’intervento e sulle forniture militari a Kiev. Più in generale l’Unione europea ha di fronte un dilemma decennale: dipendere dagli USA per la propria sicurezza oppure dotarsi di una autonoma politica estera e di sicurezza. Questo era per me chiaro ben prima dell’aggressione di Putin all’Ucraina: se vogliamo pensare ad una forma di difesa comune, dobbiamo pensare ad una politica estera comune, oggi del tutto impossibile perché le decisioni devono essere all’unanimità. Se vogliamo essere interlocutori paritari degli Usa, dobbiamo essere conseguenti. 

    In ogni modo, il grumo di potere politico-economico attorno a Putin pare essere meno compatto di prima. Chubais ha lasciato la Russia. Nabiullina, numero uno della Banca centrale russa, ha chiesto più volte di dimettersi. Molti oligarchi sono in difficoltà. Questo potrà frenare l’impeto di Putin?

    Lo scopo delle sanzioni a Mosca è esattamente quello di mettere pressione sulle persone che circondano Putin, che vedono compromessi i loro affari. Oggi queste sanzioni stanno avendo un impatto molto forte. L’obiettivo isolare Putin economicamente, perché politicamente mi sembra che ormai sia già molto isolato. Sia chiaro che il popolo russo è colpito dalle sanzioni per colpa della guerra che Putin e solo Putin ha voluto. Nessuno vuole male al popolo russo. Anzi.

    Quanto allo scenario generale è che i decibel del confronto verbale, sin dall’inizio dell’invasione, abbiano un pregiudicato un efficace linea di confronto con Putin. Ad esempio, quando è stato definito sia da Biden che da Johnson “criminale di guerra”, ma c’è una corte penale internazionale che dovrebbe occuparsi di questo. E’ così secondo lei?

    La Corte penale internazionale ha già aperto un’istruttoria per crimini di guerra in Ucraina, starà alla Corte stabilire quali crimini siano stati commessi e chi ne siano i responsabili. Mi sono battuta per l’istituzione della Corte e penso sia giusto che anche i generali russi e lo stesso Putin sappiano che saranno chiamati a rispondere delle loro azioni in Ucraina. Dopodiché, i bombardamenti su obiettivi civili con centinaia di vittime civili tra cui troppi bambini sono già un fatto. Così come la catastrofe umanitaria a Mariupol e non solo.   

    In tutto questo, pare di vedere un paradosso. A mediare sono la Turchia apertamente, e la Cina in maniera meno esposta. Due regimi. Mentre l’Occidente democratico non ha ancora un mediatore riconosciuto e condiviso in campo. Non è, secondo lei, un deficit politico?

    La reazione occidentale ha rafforzato Zelensky e ha consentito all’Ucraina di difendersi. Se ci sarà un negoziato serio sarà solo perché l’Ucraina non ha capitolato, non certo per la benevolenza di Putin. Le democrazie, comprese anche Australia e Giappone, difendono l’aggredito dall’aggressore, Turchia e Cina non hanno preso una netta posizione di condanna. Non si tratta di deficit politico, ma del fatto che le democrazie non si sono sottratte a prendere le parti della democrazia ucraina. Per la eventuale pace sarà decisivo il nostro ruolo di garanti. 

    Venendo al negoziato. I punti sul tavolo sono: neutralità dell’Ucraina, Denazificazione, lo status del Donbass e della Crimea. La Russia vorrebbe un assetto di divisione territoriale come la Corea. L’Ucraina è pronta a discutere sulla neutralità ma dice no a cessioni territoriali. Quale può essere un punto di caduta? 

    Mi permetta, ma queste sono le richieste della Russia, non i punti del negoziato. Ma di quale denazificazione stiamo parlando? Quella fatta con le bombe negli ospedali pediatrici o nei teatri? Questa è la dimostrazione della insincerità di Putin. Il punto di caduta di un eventuale negoziato serio, per il quale faremo la nostra parte, dovrà essere accettato da Zelkensky e non imposto da Putin.

    Arriva in Senato il Decreto Ucraina, con lo spettro di un nuovo voto ad un ordine del giorno che sancisca l’aumento della spesa militare al 2% del pil, così come contenuto da un accordo Nato. Giuseppe Conte ha espresso contrarietà. Secondo lei il governo rischia su questo?

    Conte è in evidente imbarazzo, sta cercando di recuperare un po’ di consenso: guida un partito che professava l’uscita dalla Nato e dall’euro, ha accolto Putin trionfalmente nel 2019, probabilmente cerca un diversivo anche per far dimenticare le politiche passate del M5S e le spaccature interne. Sulle spese militari abbiamo preso impegni anni fa, sarebbe paradossale venire meno ora. Certo bisogna spendere bene e con almeno un forte coordinamento europeo, ma gli impegni vanno rispettati. Trovo poco responsabile minacciare di non sostenere il Governo proprio ora su questo tema. 

    L’accordo Nato, però, era informale e non è stato ratificato dal nostro Parlamento. Questo non complica il confronto tra forze politiche?

    E’ una questione di volontà e di scelta politica, dobbiamo sostenere la posizione di Mario Draghi ed evitare l’idea di un’Italia che si defila dalle proprie responsabilità e non onora gli impegni assunti dai governi precedenti. A maggior ragione in un momento come l’attuale.

    Il cancelliere tedesco Scholz ha detto che la Germania sta valutando l’adozione di uno scudo anti missile per proteggere il Paese dalla minaccia anti russa. La Russia pattuglia il Mediterraneo, ed applica la sua influenza in Cirenaica. In pratica, è vicinissima all’Italia. Dovremmo cambiare anche noi i nostri sistemi di difesa?

    Io credo che sia arrivato il momento di pensare a un sistema di difesa europeo, che ovviamente deve però essere preceduto da strumenti effettivi di politica estera comune, a partire dal superamento del voto unanime su questi temi. Se ognuno va per la propria strada con il proprio esercito, non riusciremo in quanto Europa ad essere efficaci sul piano internazionale. Visto peraltro che si parla tanto di spese militari, è così, con un sistema di difesa comune, che possiamo davvero razionalizzare la spesa. 

  • Concorrenza, classi dirigenti locali e corporazioni all’attacco di Draghi

    Di Valerio Federico

    L’imprenditore è mestiere per lo Stato, dicono con qualche imbarazzo e sottovoce, tra loro, partiti e sindacati italiani.  Ci spiegano, questo sì, a gran voce, che non si tratta di tutelare i tutelati ma di generosità nei confronti degli utenti, del resto solo la mano pubblica e la sua famosa efficiente gestione diretta possono proseguire nel garantire a tutti servizi di qualità.
    Ecco dunque che su una vera apertura al mercato dei servizi pubblici locali, delle concessioni balneari, dei taxi o ncc, del trasporto ferroviario regionale, rischia di arenarsi il percorso liberale italico, stimolato in primis dalle normative europee per le quali la concorrenza è strumento di crescita e sviluppo, oltreché, naturalmente, di maggiore libertà imprenditoriale del soggetto privato.

    Clientelismi e rendite di potere corroborano ancora i principali partiti italiani nelle loro articolazioni locali, non disposti, quindi, a perdere questi asset che ne legittimano ancora una forza locale e un potere di scambio di cui hanno bisogno.

    Forza Italia e il Partito Democratico in primis, capaci di trovare ina sé negli ultimi 30 anni qualche spinta liberale a livello nazionale, hanno abdicato alla domanda di rilevanza economico-finanziaria e di consenso delle proprie classi dirigenti locali.

    Il M5S ha avuto altro percorso segnato dal fallimento Raggi nella capitale guidato dalla linea ideologica del bene comune pubblico, che ha visto l’amministrazione impegnata nell’illusione di salvare i simboli dello spreco e della cattiva qualità dei servizi ATAC e AMA, finendo, la giovane grillina – al pari del suo predecessore – sommersa dai rifiuti, da bus zeppi e disservizi.

    Ci sono stati passi avanti importanti di apertura al mercato, dagli anni 90 in poi, di settori quali le telecomunicazioni, il servizio postale, l’elettricità, ma anche le riforme Bersani e quella Treu e Biagi sul lavoro. Risultati ascrivibili anche alle segreterie dei partiti dei Berlusconi e dei Prodi, in aree però meno sensibili alle pressioni dei clientelismi locali.

    La vicenda Alitalia, simbolo del fallimento dell’intervento pubblico, oggi, con l’interruzione del flusso di fondi pubblici e le prospettive di vendita della risanata ITA, potrebbe finalmente chiudersi.

    Anche la deleteria presenza dei partiti e degli enti locali nella proprietà delle banche italiche, attraverso le fondazioni bancarie, foriera di fallimenti e sprechi di soldi pubblici e che ha visto le vicende di Montepaschi e Carige solo come apice della crisi del sistema creditizio-clientelare,  si è drasticamente ridotta negli ultimi 15 anni per l’incapacità di reggere sui mercati delle fondazioni, il peso azionario delle quali si è eroso grazie agli aumenti di capitale dei soggetti privati più che altro internazionali.

    Insomma, il percorso verso una economia di mercato aperta realmente alla concorrenza, è stato parziale ed accidentato, più subíto che voluto dai partiti, certamente subíto dai sindacati, oggi può andare a sbattere sul ddl concorrenza Draghi e sulle pressioni delle classi dirigenti locali dei grandi partiti. La federazione +Europa Azione sembra oggi l’unica organizzazione politica parlamentare non intenzionata a stravolgere il provvedimento confermando la sua vocazione liberale.

    In Commissione Industria al Senato gli emendamenti presentati sono una valanga, così come i sub-emendamenti all’emendamento del Governo sulle concessioni balneari, naturalmente diretti a limitare il ricorso alle gare, all’ingresso di nuovi soggetti concorrenti e alle liberalizzazioni di settori dominati da corporazioni sempre generose nell’assicurare consensi.

    Dallo statalismo strutturale e ideologico di FdI, alle contraddizioni leghiste tra le istanze di aperture dell’imprenditoria nordista e quelle di chiusura populista, dall’assenza di un impianto politico grillino sulle ceneri delle prime parole d’ordine, dalle incrostazioni ideologiche della vetusta sinistra, nulla di buono verrà per la linea Draghi sulla concorrenza.
    Ma, in questo contesto prevedibile, il rischio che venga affondata la politica riformatrice in senso concorrenziale del Presidente del Consiglio viene in prima istanza dalle forze moderate e post ideologiche quali Forza Italia e Partito Democratico, sotto scacco degli interessi delle classi dirigenti locali e dei loro rapporti con corporazioni e sindacati.

     

  • Riccardo Magi interviene sulle comunicazioni del presidente Draghi in vista del Consiglio europeo

    Oggi alla Camera Riccardo Magi ha espresso il suo sostegno alla risoluzione di maggioranza, ringraziando ancora una volta il Presidente Draghi per le parole di chiarezza che ha voluto esprimere ieri in occasione dell’intervento del Presidente ucraino Zelensky.

    https://www.youtube.com/watch?v=Fs_ESndRqE4 

     

  • Emma Bonino: Putin puntava a dividere l'Europa: ha perso

    Emma Bonino interviene al Senato dopo le comunicazioni del presidente del consiglio, Mario Draghi.

  • E' inopportuno che la Rai paghi il prof. Orsini per fare propaganda pro-Putin

    Di Giordano Masini

    Davvero è necessario che la Rai, ovvero tutti noi, paghi il prof. Orsini per fare pubblicità a Putin? Tutte le opinioni sono legittime, ma contrattualizzarle e remunerarle è decisamente inopportuno. Purtroppo anche la Rai, che dovrebbe svolgere una funzione di servizio pubblico, mettendo al centro la verifica della correttezza delle fonti, sceglie gli ospiti dei talk show non in base alle competenze ma in base allo scalpore e all’eco mediatica, anche negativa come in questo caso, che riescono a generare. Non è certo una sorpresa, soprattutto per chi come noi dice da sempre che di una Rai pubblica si potrebbe fare a meno, ma è comunque un brutto spettacolo, che non vale il prezzo del biglietto.

  • Emma Bonino a il Corriere della Sera: "Putin pretende un passato che non tornerà. La Nato? Un alibi"

    Intervista al Corriere della Sera di Alessandra Arachi

    La senatrice di +Europa, ex-ministra degli Esteri, pensa sia «doveroso» aiutare gli ucraini fornendo loro le armi.«Putin è ossessionato dalla Nato, la usa come alibi»

    Senatrice Bonino, già ministra degli Esteri, questa guerra era prevedibile, visto che in Ucraina la guerra non è nata adesso ma era già in atto dal 2014?
    «Il mio giudizio su Putin risale alla ferocia messa in atto nella seconda guerra cecena. Non possiamo pensare che un autocrate con un potere assoluto in un paese dove vengono ammazzati giornalisti ed oppositori ragioni come ragioniamo noi. Probabilmente la reazione all’annessione della Crimea e all’occupazione del Donbass del 2014 avrebbe dovuto essere più intransigente. Invece ci si è voluti illudere che Putin si sarebbe fermato».

    Secondo lei il conflitto era evitabile?
    «Con i se e con i ma non si fa la storia. Sgombriamo però il campo dalle presunte responsabilità della Nato: i nuovi Paesi Nato non hanno mai rappresentato una reale minaccia per la Russia. I discorsi di Putin e quello del Patriarca di Mosca evidenziano piuttosto una guerra di occupazione, etno-nazionalista. Putin usa la Nato, una sua ossessione, coma alibi. Quello che lui proprio non può tollerare è che ci sia un’Ucraina libera e democratica, dove le elezioni per il Presidente non sono una finzione come in Russia e, al contrario della Russia, le persone godono delle libertà fondamentali. Non è una democrazia perfetta quella di Kiev, posto che ce ne sia una, ma è l’aspirazione degli ucraini ai modelli e ai valori della Ue che l’autocrate non può tollerare».

    Secondo lei ha senso aiutare l’esercito ucraino fornendogli le armi?
    «Prima di tutto è doveroso. Abbiamo scelto di non intervenire direttamente per evitare conseguenze ancor più drammatiche, nonostante sappiamo che il diritto internazionale è dalla parte di Zelensky e i bambini morti ci indignano. Non per questo però possiamo giraci dall’altra parte: gli ucraini hanno diritto di difendersi e noi abbiamo il dovere di fornirgli i mezzi per farlo. Non è retorica dire che difendono i nostri valori europei. Dobbiamo aiutare gli ucraini e fiaccare Putin con le sanzioni e l’isolamento internazionale.

    Cosa ne pensa della chiusura dei cieli sopra l’Ucraina? Che conseguenze avrebbe? una simile azione?
    «Un’ operazione di no-fly-zone implicherebbe un coinvolgimento diretto nel conflitto. È dura dire di no, ma è ragionevole. Anche per questo penso sia giusto fornire missili antiaerei come gli stinger che pesano dieci chilogrammi e hanno una portata di otto chilometri».

    Si pensa che il progetto di Putin sia quello di non fermarsi all’Ucraina ma di invadere anche i paesi limitrofi per ricostituire l’ex Unione sovietica. In questo caso sarebbe inevitabile un intervento della Nato, con quali conseguenze?
    «Putin vorrebbe tornare ad un passato che non tornerà. I paesi dell’Unione europea e della Nato che un tempo erano oltre la cortina di ferro hanno fatto da decenni la loro scelta. Un attacco diretto a un paese Nato porterebbe altri paesi, a partire dagli Usa, ad intervenire in sua difesa. Posto che secondo l’articolo 5 del Trattato Nato, ogni Paese resterebbe comunque libero di decidere le azioni che ritiene più opportune, quello di un nostro coinvolgimento diretto è uno scenario che non voglio considerare».

    Crede che la Cina farà un’alleanza con la Russia?
    "L’alleanza c’è già, solida come una roccia, l’hanno definita i due leader. Il punto è un altro. C’è da chiedere: la Cina è pronta a sostenere fino in fondo l’alleato russo in questa operazione sconsiderata che destabilizza l’economia mondiale e sta cementando le alleanze delle democrazie? La Cina ha bisogno di continuare ad accedere ai mercati occidentali. Non mi faccio illusioni su Pechino, ma confido nel reciproco interesse ad evitare una escalation e voglio pensare che XI Jin Ping eserciti una qualche pressione sul Cremlino. Come diceva Bastiat, ‘dove passano le merci non passano gli eserciti’. E penso che la Cina abbia più interesse a continuare a esportare merci verso l’occidente, piuttosto che ritrovarsi in una guerra “boots on the ground” contro l’occidente».

    Putin è folle? Sarebbe capace di aprire la valigetta nucleare?
    «Non voglio neppure prendere in considerazione questa ipotesi».

    Crede che i negoziati in corso porteranno da qualche parte?
    «Non sono ottimista, ma ciò detto il filo negoziale non deve spezzarsi. Zelensky ha dato segnali concreti di disponibilità. Bisogna capire se Putin vuole fermarsi e consentire un negoziato serio che si svolga durante una tregua vera, non sotto le bombe. Le sanzioni crescenti della Ue sono un monito molto serio, a mio avviso, che coloro che hanno a cuore il destino della Russia (non quello personale di Putin) non credo sottovalutino».

    Come potrà finire questa guerra? Durerà molto come sostengono alcuni analisti? Esiste una via concreta per la pace?
    «Questa guerra finirà sempre troppo tardi, anche fosse domani».

  • Transizione ecologica e politica energetica: quli le soluzioni di medio lungo termine?

    In diretta dal Palazzo Pirelli di Milano per parlare di Transizione ecologica e Politica energetica.

    Partecipano: Emma BoninoBenedetto Della VedovaMichele UsuelliPaolo Costanzo, Simona Viola, Anna Lisa Nalin, Michele Governatori, Donata Garrasi e Gianni Silvestrini.

  • Intervista di Emma Bonino a QN: la Nato non era una minaccia per la Russia

    Nemmeno l'ex ministra degli Esteri Emma Bonino aveva previsto questa guerra. Ma, nonostante la sua lunga esperienza sia al vertice della politica Ue sia nel campo del peacekeeping, attacca chi non esplicita una scelta di campo a favore dell'Ucraina.

    Senatrice Bonino, l’Europa e la Nato stanno facendo abbastanza per fermare il conflitto?

    "In questi contesti, “abbastanza” sarebbe fermare subito l’aggressione militare russa. Ma l’Ue ha reagito con compattezza e decisioni straordinarie, impensabili fino a pochi anni fa: sanzioni alla Russia, invio di armi all’Ucraina, accoglienza dei profughi con l’attivazione della direttiva 55 come chiedevamo da tempo.

    Però dopo tre settimane di invasione è chiaro che Putin vuole tutta l'Ucraina. Dunque la Nato cosa può fare di più?

    "Le esercitazioni, come sta già facendo. Solo se per esempio l'artiglieria russa sbagliasse di qualche chilometro e toccasse la Polonia - ipotesi certo non augurabile - Varsavia potrebbe chiedere l'intervento dell'Alleanza. Ma, attenzione, secondo l'articolo 5 del Trattato Nato, ogni Paese resterebbe comunque libero di decidere le azioni che ritiene più opportune".

    Non vede possibile un modello Kosovo quindi?

    "A me pare difficile che qualcuno sia disposto a mandare l'esercito in Ucraina, un Paese due volte l'Italia con 40 milioni di abitanti non è, appunto, il Kosovo (grande come l'Umbria), dove comunque siamo rimasti 10 anni".

    E' sostenibile la tesi "stiamo con l'Ucraina ma non siamo in guerra contro la Russia"?

    No. Si deve stare dalla parte di chi subisce un'aggressione immotivata, contraria ai principi basilari del diritto internazionale e al diritto umanitario. Ovviamente, nessuno è contro i russi: non dobbiamo sconfiggere la Russia, ma Putin".

    Cosa pensa degli intellettuali del “né - né”?

    "O non sono pienamente consapevoli della posta in gioco, la nostra libertà, oppure Putin sta raccogliendo i frutti della propaganda che ha seminato in questi anni. Tra l’altro, dire che ‘l’Ucraina un po’ se l’è cercata’ ricorda la frase troppo spesso usata sulle donne: si colpevolizza la vittima per giustificare la prevaricazione violenta. Non può esserci equidistanza. Putin aggredisce l’Ucraina perché teme la democrazia, la libertà e i diritti.

    Come si fa ad aiutare Kiev di più senza scatenare un terzo conflitto mondiale?

    "A esempio si potranno ridurre gli acquisti di gas con cui Putin finanzia la guerra. Bisogna lasciare a lui una via d'uscita diplomatica, ma non sono ottimista sulla sua sincerità. Ha già perso la guerra sul piano politico e comunicativo".

    Non fu un errore allargare la Ue ad Est?

    "Nessun nuovo paese della NATO ha mai rappresentato un pericolo o una minaccia per Putin, salvo che nelle sue ossessioni. A maggior ragione oggi, andare oggi in Polonia o nei paesi baltici a dire “non dovevamo consentirvi di entrare nella Nato” sarebbe grottesco. Putin si è ripreso di fatto la Bielorussia, che ha smesso da un paio di settimane di essere un paese neutrale e denuclearizzato. Chi è che si espande verso chi?".

    Da che parte pensa che si schiererà alla fine Pechino?

    "La Cina ha bisogno della stabilità mondiale per continuare a crescere economicamente. E anche se non prenderà mai ufficialmente la parte contraria a Mosca, spero che a Pechino prevalga la Realpolitik e il concetto che dove passano le merci, non passano gli eserciti". 

    Zelensky sollecita la mediazione di Israele. Non c’è il rischio che questa mossa risvegli anche il fondamentalismo islamico contro l’Occidente?

    "Non credo che questo sarebbe un problema. Magari quella mediazione funzionasse!"

  • +Europa nelle piazze per l’Ucraina

    Una bandiera europea di oltre 10 metri in Piazza Santa Croce a Firenze per esprimere vicinanza al popolo ucraino e al presidente Zelensky è stata srotolata dalla delegazione di Più Europa presente all’iniziativa del sindaco Dario Nardella.

    “Siamo qui per chiedere la pace, certo, ma siamo qui per condannare prima di tutto l’aggressione brutale, violenta e ingiustificata di Putin - ha detto il segretario di +Europa e sottosegretario agli esteri, Benedetto Della Vedova -. Una aggressione nazionalista, imperialista, contro il diritto internazionale. Ecco perché +Europa, con questa grande bandiera europea, è in piazza oggi”. “Non può esserci pace nell’equidistanza tra chi si difende e chi usa la violenza per violare il diritto, i diritti umani e il diritto internazionale”, ha aggiunto Riccardo Magi, deputato e presidente di +E.

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    Sabato 26 febbraio e domenica 27 febbraio, +Europa ha invece organizzato una mobilitazione nazionale che ha coinvolto oltre 22 città, per esprimere solidarietà al popolo ucraino contro l'invasione di Vladimir Putin.

    Da Milano a Palermo, passando per Londra, Bruxelles e altre città europee, i gruppi di +E hanno fatto scendere in piazza migliaia di cittadini per ribadire che la sicurezza in Ucraina è la sicurezza in Europa.

    A Napoli ci hanno raggiunto quasi duemila persone, mentre a Milano e a Roma si sono alternati iscritti e dirigenti nazionali del partito.

    Rivedi la diretta con tutte le piazze

    Vedi le foto delle piazze 

    Emma Bonino, in collegamento da Roma, ha sottolineato che “le prime sanzioni, cui ne seguiranno altre, sembrano dure, ma non basta parlare di interessi geostrategici e geopolitici. Si deve parlare di libertà e diritti dei cittadini ucraini, perché il presidente Zelensky è stato eletto con oltre il 70 per cento dei voti. La comunità ucraina – ha osservato Bonino -, in Italia è composta da 236 mila persone, di cui l’80 per cento donne. Questi chiederanno, se regolarizzate, il ricongiungimento familiare. C’è quindi tutta una parte, si per dire ‘minore’, di diritti  e libertà che, quando parliamo di solidarietà, dovrebbe essere presa in considerazione”.

    Il segretario di +Europa e sottosegretario agli Esteri, Benedetto Della Vedova, ha detto che "La democrazia e le libertà in Ucraina sono la democrazia e le libertà in Europa. Sono 20 anni che ripetiamo che Putin, l'unico vero responsabile di questa aggressione, non può essere considerato un interlocutore affidabile. Lo testimoniano la repressione degli oppositori, le uccisioni dei giornalisti, l'ossessione che ha verso la comunità LGBTI... Le sanzioni, coordinate e devastanti, sono importanti per tutta la società che si è arricchita grazie alla sua vicinanza con Putin. Ed è molto importante che in Ue i leader usino le stesse parole e gli stessi argomenti, un passo importante verso un’ Europa integrata anche nella Politica estera e di difesa”.

    Per Riccardo Magi, presidente di +Europa, “nella tragedia è una fortuna per l’Italia e per l’Europa che a guidare il governo italiano ci sia il presidente Draghi e non qualcuno che fino a poche settimane fa sosteneva che Putin difende i valori europei e l’identità cristiana. E bene ha fatto il nostro premier a sgomberare il campo da ogni ambiguità sull’adozione di sanzioni più rigide nei confronti della Russia. È proprio l’applicazione di misure severe sul piano economico che può favorire l'emersione di una crescente opposizione nell'opinione pubblica russa verso questa folle aggressione e verso lo stesso regime putiniano”.

    Maria Saeli, tesoriera di +Europa: “Abbiamo sperato fino all'ultimo che la diplomazia ed il buon senso potessero prevalere. Invece, l'attacco militare di Putin ci ha riportati indietro nel tempo. Siamo accanto al l'Ucraina ed al suo popolo, perché dietro a questo attacco intollerabile non c'è solo un popolo, ma il concetto stesso di democrazia e libertà, che dobbiamo tutelare e proteggere, come Italia e come Europa”.

    Per Giordano Masini, coordinatore della segreteria di +Europa, “La pandemia è stata l’occasione per costruire una nuova solidarietà economica europea. Allo stesso modo dobbiamo fare in modo che questa crisi sia l’occasione per costruire una politica estera e di difesa comune europea. È proprio quello che Putin non vuole, un’Europa più unita e più forte, ed è quel che avrà”.

    Valerio Federico, della segreteria di +Europa, ha aggiunto: "Nelle 22 città dove si è mobilitata +Europa insieme agli ucraini d'Italia in questo fine settimana, è emerso un chiaro NO alla aggressione violenta e illegale della Ucraina ad opera della Russia di Putin. Non c’è pace senza giustizia e libertà. +Europa dice SI a Zelensky e alle sue richieste, che sono quelle del popolo ucraino: armi e medicinali alla resistenza, accoglienza ai profughi, sovranità e autodeterminazione della democrazia di Kiev, verso l’adesione a UE e alla scelta occidentale, sanzioni dure per stritolare l'economia dell'invasore. L’Unione europea sta rispondendo al disperato appello della democrazia ucraina. Con le sanzioni potremmo certo pagare un costo, ma sarebbe un costo immensamente inferiore a quello che pagheremmo per la perdita della libertà degli ucraini e della seria minaccia alla nostra democrazia e alla nostra libertà.

  • Un orgoglio per +Europa aver concorso a promuovere la presenza di Shaharzad in Italia

    Di Simona Viola

    Emma Bonino, assieme a “Non c’è pace senza giustizia” di cui è fondatrice, in occasione dell’8 marzo hanno invitato in Italia Shaharzad Akbar, attivista afghana per i diritti umani e presidente uscente della Commissione afghana per i diritti umani, attualmente in esilio[1].

    Emma Bonino ha voluto dedicare l’8 marzo alla sua visita, per fare un gesto concreto, per non dimenticare la tragedia e il coraggio delle donne afghane che tutti i giorni combattono contro il violento regime di vero e proprio apartheid di genere imposto dai talebani, e ha dunque promosso un’audizione di Shaharzad al Senato, dopo essere stata ricevuta alla Farnesina da Benedetto Della Vedova, sottosegretario con la delega ai Diritti umani,  e Marina Sereni, vice ministro alla guida della Cooperazione allo sviluppo.

    Durante la sua missione in Italia Shaharzad, che è in attesa di un bambino e che viaggiava insieme al marito e al primo figlio, ha trascorso anche due giorni intensi a Milano che mi hanno permesso di conoscerla e di apprezzarne le straordinarie qualità.

    A soli trentacinque anni, già rifugiata in Pakistan e ora esule a Londra, Shaharzad si è rivolta con grande autorevolezza a tutti i suoi interlocutori: dal Sindaco di Milano, agli studenti dell’Università Statale di Milano – ai quali ha tenuto una lectio magistralis – ai giornalisti e al pubblico che ha incontrato nel corso dei numerosi eventi che abbiamo organizzato intorno a lei (uno dei quali si è tenuto in regione Lombardia, grazie al Consigliere regionale di +Europa Michele Usuelli e un altro organizzato dagli amici di  ITALIASTATODIDIRITTO).

    Una donna minuta e sorridente, forte e competente, capace di trasmettere tenacia e determinazione e di offrire un’interpretazione lucida e approfondita della questione afghana.

    Shaharzad ha dichiarato senza mezzi termini le responsabilità degli USA e dell’occidente nell’abbandono del territorio afghano, ha testimoniato la resistenza delle donne afghane che tutti i giorni, rischiando la vita o libertà, non smettono di manifestare contro il regime talebano e ha ringraziato Benedetto Della Vedova ed Emma Bonino per aver promosso in sede ONU la istituzione di uno “special rapporteur” sulla condizione dei diritti umani in Afghanistan che consenta ai Paesi di subordinare la concessione di aiuti all’obbiettivo raggiungimento di risultati.

    Clicca qui per leggere e ascoltare alcune delle interviste che ha rilasciato, e qui sotto potete vedere alcune fotografie delle iniziative cui ha partecipato.

    E’ un vero orgoglio, per +Europa, aver concorso a promuovere la presenza di Shaharzad in Italia: un contributo necessario per aiutare concretamente il difficile lavoro politico degli esuli afghani, e andare oltre la vuota retorica del “non dimentichiamo”.

    Gianfranco dell’Alba (Presidente del Collegio di Garanzia di +Europa e Presidente di NPWJ) e Niccolò Figà-Talamanca (Segretario Generale di NPWJ), unitamente a Laura Schirru, Ilaria Giansentelli e Donata Garrasi hanno lavorato intensamente per questa iniziativa e anche a loro va il ringraziamento di +Europa.

    Incontro con il Sindaco di Milano Beppe Sala

    Lectio magistralis all'Università Statale di Milano

    Incontro con altre donne milanesi

    [1] Shaharzad Akbar Ha completato un MPhil all'Università di Oxford come borsista Weidenfeld nel 2011; in precedenza, ha ottenuto la laurea (cum laude) in antropologia allo Smith College negli Stati Uniti. ha scritto su media internazionali e afgani, tra cui Newsweek e Al Jazeera, e su riviste accademiche. Attiva su Twitter e come scrittrice, è una voce dedita alle questioni politiche relative al suo paese e alla sua generazione. Nel 2017, è stata selezionata dal World Economic Forum come Young Global Leader. Shaharzad è stata vice presidente del Consiglio di Sicurezza Nazionale per la Pace e la Protezione dei Civili e Senior Advisor del Presidente dell’Afghanistan per il Consiglio dello Sviluppo, incarichi durante i quali ha coordinato la prioritarizzazione dei progetti e dei programmi di sviluppo per i processi decisionali di alto livello.

  • Con Kiev contro la santa alleanza di Khamenei-Kirill pro Putin e contro la comunità Lgbt

    Di Yuri Guaiana

    Dopo che il 2 marzo la Guida Suprema dell’Iran, l’Ayatollah Ali Khamenei, ha scaricato la colpa del conflitto in Ucraina sugli Stati Uniti d’America e sull’occidente, «dove ci sono gravi vizi morali come l’omosessualità», accusati di alimentare il «caos sessuale», oggi è stata la volta del patriarca di Mosca Kirill I che ha collegato quanto succede da otto anni nel Donbas ai perversi disegni di chi vuole introdurre nella regione i gay pride o «presunte marce della dignità organizzate per dimostrare che il peccato è una delle varianti del comportamento umano».

    Kirill I ha caratterizzato le parate del gay pride come un "test di fedeltà" ai governi occidentali, che le repubbliche secessioniste dell'Ucraina hanno "fondamentalmente rifiutato" per poi sostenere che «quanto sta accadendo oggi nell’ambito delle relazioni internazionali non ha quindi solo un significato politico» ma è un segnale «che siamo entrati in una lotta dal contenuto non fisico, ma metafisico» e che "se l'umanità accetta che il peccato non è una violazione della legge di Dio, se l'umanità accetta che il peccato è una variazione del comportamento umano, allora la civiltà umana finirà lì".

    Queste affermazioni non fanno che riproporre in chiave sermonesca la dottrina eurasiatica di Dugin, che lo stesso Putin ha ripreso implicitamente nel suo discorso precedente all’invasione dell’Ucraina.

    D’altronde è almeno dal 2012 che la Chiesa Ortodossa riesce a influenzare in maniera determinante la politica russa dando ai cosiddetti “valori tradizionali” un’importanza speciale.

    Quanto alle dichiarazioni di Khamenei, non è un caso Dugin sostenga un'alleanza tra l’Eurasia dei «valori tradizionali» e l’Iran. Questa Santa Alleanza contro la democrazia, i diritti civili e umani teme le libertà individuali più di qualunque altra cosa. Per questo dobbiamo sostenere gli ucraini e le ucraine che oggi stanno difendendo anche le libertà di noi europei.

  • published Il messaggio del mondo a Putin in News 2022-03-03 16:45:37 +0100

    Il messaggio del mondo a Putin

    Di Giordano Masini

    Stiamo provando a infliggere alla Russia le conseguenze di una guerra mondiale senza sparare un colpo. Se questo tentativo avrà successo potremo dire di aver compiuto una rivoluzione copernicana nell’idea stessa di guerra, anche perché vorrà dire che l’Europa, l’Occidente e il mondo intero avranno avuto il coraggio di affrontare e sostenere a loro volta le conseguenze economiche di una guerra mondiale, che per forza di cose non possono interessare un solo paese. Se la Russia dovesse, come è possibile, fare default, l’onda d’urto si propagherebbe ovunque, come si è propagata l’onda d’urto della crisi dei subprime. Già ora l’inflazione (e l’aspettativa dell’inflazione che verrà) sta tirando in alto i prezzi di tutto, e siamo solo all’inizio.

    Qualcuno si ricorda che le rivolte che poi hanno preso il nome di “primavere arabe” sono nate da una contrazione dell’offerta di grano conseguente ad alcune annate particolarmente siccitose in Russia a cui era seguita un’impennata dei prezzi del pane in paesi, come quelli del Maghreb, totalmente dipendenti dall’importazione di cereali? Immaginiamo un pianeta che deve fare a meno, da oggi a domani, dell’intera produzione del secondo paese esportatore netto di cereali dopo l’Unione Europea (la Russia) e del sesto (l’Ucraina). E non c’è neanche bisogno di un’intenzionale chiusura dei rubinetti, come per il gas, basta la guerra che blocca i porti del Mar Nero, bastano le grandi portarinfuse che non caricano più in Russia, bastano le aspettative di scenari del genere per generare e alimentare profezie che si autoavverano. Ed è solo uno dei tanti esempi, senza nemmeno arrivare a parlare di energia.

    Gli scenari che abbiamo davanti, come quelli che accompagnano e seguono una vera guerra mondiale, sono imprevedibili e legati da fattori di interdipendenza che nel mondo contemporaneo dobbiamo necessariamente ancora indagare, e c’è anche da sperare che riusciremo a continuare a sottrarci, nelle settimane e nei mesi a venire, all’onere dell’intervento armato. Il voto di oggi alle Nazioni Unite, con solo quattro stati-canaglia (Bielorussia, Eritrea, Siria e Corea Del Nord) che hanno votato contro la condanna dello stato-più-canaglia-di-tutti, la Russia, sembra raccontare un mondo che ha capito la portata della minaccia di Putin, e che se ne vuole liberare al più presto. Speriamo che funzioni, e che anche la Russia riceva il messaggio forte e chiaro.

  • Milano: +Europa/Azione, in dissenso da Consiglio Comunale su ddl concorrenza

    Di Valerio Federico e Giulia Pastorella

    Lunedì il Consiglio Comunale di Milano ha approvato un ordine del giorno che chiede in sostanza al governo di bloccare la riforma che promuove più concorrenza nel settore dei servizi pubblici locali.

    L’iniziativa ha trovato il consenso di tutte le forze politiche, di maggioranza e opposizione, con la sola contrarietà di Azione/+Europa, la federazione dei due partiti chiede invece più concorrenza per migliorare qualità ed efficienza dei servizi pubblici nel Paese. 

    Ancora una volta i partiti (e i sindacati), uniti, chiedono che i servizi pubblici locali e le società che li gestiscono restino sotto il loro controllo e che venga confermata la pratica amica dell’affidamento diretto.

    L’articolo 6 del ddl concorrenza che il consiglio comunale vorrebbe depotenziare prevede inoltre, in linea con norme già in vigore ma sostanzialmente non rispettate, un rafforzamento della necessità di giustificare il mancato ricorso al mercato per la gestione di servizi pubblici, limitando così il ricorso alle autoproduzioni, cosiddetto in house, comunque nel rispetto degli obblighi di servizio pubblico. 

    Il 93% dei servizi pubblici attivi oggi in Italia è stato affidato senza gara e il ddl Draghi sulla concorrenza, fermo al Senato, vuole intervenire per porre un freno a questa stortura. In particolare l’articolo 6 della norma prevede la separazione tra le funzioni regolatorie e quelle di gestione diretta dei servizi. “La norma vuole portare a una effettiva separazione tra controllori e controllati, eliminando conflitti di interesse e dando spazio a nuovi soggetti privati in concorrenza.

    Nell’Odg, che ha avuto tale successo in Consiglio, si fa riferimento ai “limiti evidenziati”, nel corso della pandemia, di una fantomatica “società unicamente regolata dal mercato”. Si tratta di uno strabismo ideologico che vede ancora nel libero mercato una minaccia e non un’opportunità. Azione e +Europa ritengono che un bene comune debba proprio essere la concorrenza e, in linea con il governo Draghi, “promuoverne lo sviluppo per migliorare qualità e efficienza dei servizi pubblici”. 

    L’affidamento in house non può essere la soluzione alle necessità dei cittadini. Abbiamo visto con Trenord cosa succede quando un ente pubblico è al contempo regolatore e regolato. Non c’è nessun interesse, così, a migliorare i servizi. Chi è bravo non ha nulla da perdere, né deve temere la concorrenza. Sono le rendite di posizione che vanno contrastate.

  • Direzione Nazionale +Europa 29 novembre 2021

    Riunione della direzione nazionale di +Europa del 29 novembre 2021

  • Ucraina: Emma Bonino interviene in Senato

    "Nelle crisi siamo passati da "l'Europa ci lascia soli" a "ci vuole più Europa": nel 2018 mi avete preso per marziana visionaria. E oggi, per evitare i distinguo di domani, dobbiamo spiegare agli italiani che ci sarà un costo da pagare per le sanzioni alla Russia". 
    Emma Bonino interviene in Senato dopo le comunicazioni di Mario Draghi sull'aggressione russa in Ucraina.

  • La sicurezza dell'Ucraina è la sicurezza dell'Europa

    Di Benedetto Della Vedova

    Il discorso di Putin di questa sera è un discorso molto pesante perché, con il riconoscimento del Donbass, il leader russo sceglie di saltare qualsiasi ipotesi diplomatica di cui si era discusso per settimane, segue la logica del fatto compiuto, viola l’integrità territoriale dell’Ucraina e gli accordi di Minsk.
    Ricordando dagli zar all’Unione Sovietica, Putin ha fatto un discorso le cui conclusioni mettono in discussione la libertà e la democrazia non solo in Ucraina, ma anche in paesi europei come le repubbliche baltiche che oggi sono Paesi liberi, democratici e indipendenti che appartengono all’Ue e alla Nato.
    Che il leader russo riproponga un ragionamento politico che si rifà a una situazione di cento anni fa non è accettabile. Non lo è in una Europa che è diventata pacifica, libera e democratica. La sicurezza in Ucraina è la sicurezza in Europa, e la democrazia in Ucraina non può essere messa in discussione.

  • Emma Bonino interviene al 1° Congresso di Azione

    "Buon lavoro a Carlo Calenda e a tutti i nostri nuovi compagni di viaggio. Non sarà facile. Esistono delle differenze, ma queste e i nostri punti comuni sono asset strategici e politici. Insieme siamo più ricchi, divisi siamo più poveri".

    Rivedi l'intervento di Emma Bonino al 1° Congresso di Azione.

  • L'intervento di Riccardo Magi al 1° congresso di Azione

    "Noi che siamo difensori della democrazia rappresentativa e della democrazia parlamentare non possiamo non vedere che c'e' una crisi drammatica di partecipazione dei cittadini. Calenda ha detto che se ci mettiamo a criticare anche la Corte chissà dove andremo a finire. Caro Carlo, se qualcuno ti mena ed e' molto più grosso di te, e non ha ragione, rispondere non e' un attacco ma una difesa. E non e' una difesa dei promotori o di chi ha firmato per i referendum. E' una difesa della democrazia e della possibilità che siano criticate delle scelte di un organo che e' anche organo politico. Non e' irrispettoso o incostituzionale".

    Rivedi l'intervento di Riccardo Magi al 1° congresso di Azione

  • Intervento del Segretario di +Europa Benedetto Della Vedova al 1° Congresso di Azione

    "Insieme, con la federazione, abbiamo scelto di fare una cosa inedita nella politica italiana: unirci anziché dividerci. Siamo qui per essere la punta di lancia del governo Draghi sulle riforme".

    Rivedi l'intervento di Benedetto Della Vedova al 1° Congresso di Azione.