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Lavoro di cura e disabilità durante l'epidemia

di Anita Pallara

Abbiamo superato ormai abbondantemente il mese dall'arrivo nelle nostre vite del Covid19. In breve tempo è passato da essere un "problema" della Cina a pandemia. Il Covid19 ci ha unito sotto un unico grande tetto globale fatto di paure, storie di coraggio, soluzioni, o presunte tali, comitati scientifici, numeri e scelte da prendere. I numeri sono diventati la nostra Bibbia, grafici predittivi di un futuro che mai come ora è incerto per un Occidente che si trova davanti ad una sfida epocale.

Gli Stati Uniti sono passati da una fase di negazione totale, ignorando completamente i vari allarmi provenienti dall'OMS, a fronteggiare una situazione molto più devastante dell'11 settembre. La super potenza si è scoperta ferita ed esposta, incapace di proteggere la popolazione più fragile.

Cosa ci dicono i numeri su questo tema? Le persone disabili negli Stati Uniti stanno morendo di Covid-19 a un ritmo cinque volte superiore a quello del resto della popolazione, sono 25 il numero degli Stati che permettono agli ospedali di non fornire un respiratore ai malati cronici o a chi presenta minorazioni fisiche o mentali, a Long Island, ad esempio, l'80% dei residenti di una casa per disabili intellettivi è risultato positivo al coronavirus. Una percentuale simile si è registrata in varie strutture in Massachusetts e Michigan.

Si può pensare di affrontare la più grande emergenza del dopoguerra eliminando dalla lista delle priorità le fasce di popolazione più debole?

Possiamo accettare che un Paese come gli Stati Uniti compia delle scelte così estreme nel silenzio più totale? I numeri in questo caso parlano chiaro, non sono astrazioni. Finita l'emergenza questi numeri resteranno nella storia della nostra umanità.

In Italia la situazione dal punto di vista sanitario è molto diversa, il diritto alla cura è garantito indipendentemente dalla condizione di salute. Diversa invece la situazione se parliamo in generale di disabilità, nel nostro paese non è stata messa in atto nessuna misura a protezione delle famiglie che convivono con una disabilità, dimenticando che nel maggioranza dei casi le donne sono le principali caregiver.

Il nostro paese a trazione maschile nella gestione dell'emergenza Covid19, lascia invece solo alle donne la gestione della lista di "non priorità". Donne che anche senza supporto, come spesso accade, stanno reggendo e reagendo con praticità e efficienza.

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