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Il pericoloso miraggio della sovranità alimentare

Di Giordano Masini

A proposito del dibattito sulla sovranità alimentare, e per chi dice che si tratta di un concetto progressista “espropriato” dalla destra. No, neanche per idea. Lasciando perdere destra e sinistra, la sovranità alimentare resta un miraggio pericoloso, in tutte le sue possibili declinazioni, anche quelle che pretendono di avere come obbiettivo l’equità sociale. Infatti la tutela di un modello fondato sulla produzione di piccola scala e il suo isolamento forzato dal mercato globale può essere una prospettiva affascinante concettualmente, ma è la via maestra per un disastro economico e sociale. Si tratta, nella sostanza, del contrasto all’innovazione e allo sviluppo tecnologico delle aziende agricole e della conservazione di sistemi produttivi obsoleti e inefficienti. Come? Con i soldi pubblici, essenzialmente. Si chiama corporativismo, anche se la definizione viene dalla Via Campesina.

E infatti cosa propone stamattina il Ministro della sovranità alimentare sulle colonne di Repubblica? Di garantire i produttori con contratti equi finanziati dal PNRR per evitare la corsa dei prezzi che oggi non copre i costi alla fonte. Capito bene? Secondo il Ministro Lollobrigida, cognato della Presidente del Consiglio, i fondi del PNRR (ovvero dei contribuenti e dei risparmiatori europei che saranno felicissimi di saperlo) dovrebbero essere usati non per innovare il sistema produttivo e renderlo più solido e resiliente, ma a conservarlo così come è, perché così come è evidentemente va bene. Un messaggio pericolosissimo (benché ovviamente molto popolare tra gli agricoltori sia del primo che del terzo mondo), perché esenta i produttori dalla responsabilità di fare scelte economiche razionali attraverso la garanzia di compensazioni pubbliche.

E dopo il corporativismo, l’altra gamba che regge il concetto di sovranità alimentare è il protezionismo commerciale: per impedire che un consumatore possa scegliere un prodotto con un rapporto qualità/prezzo migliore bisogna gonfiarne artificialmente il prezzo attraverso i dazi, o ostacolarne la diffusione attraverso suggestive mistificazioni ideologiche come il km zero o la filiera corta, che sono due modi diversi per definire la stessa cosa: il protezionismo. Per fortuna propositi di questo tipo sono incompatibili con le regole del mercato comune, ma la separazione delle comunità agricole dal mercato globale è proprio uno dei propositi dei fautori della sovranità alimentare, anche in salsa terzomondista. Se si leggono le definizioni ufficiali (come quelle della FAO) o “de sinistra” della sovranità alimentare ci si ritrova, magari con altre parole, tutto questo.

Ps. non c’è regalo migliore alle controparti commerciali dei produttori agricoli, a cominciare dalla grande distribuzione, che favorire la frammentazione e il nanismo delle imprese.

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  • Pasquale Di Pace
    published this page in News 2022-10-24 14:10:53 +0200