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Il decreto ONG è favoreggiamento all'omissione di soccorso

di Emma Bonino e Riccardo Magi

(Pubblicato su Il Riformista)

 

Ieri, proprio mentre le onde trascinavano sulle spiagge libiche i corpi di alcune vittime dell’ennesima strage nel Mediterraneo (ben 73 morti, secondo le prime informazioni, sulle 80 persone che viaggiavano su un gommone che si è rovesciato al largo della Libia), la Camera dei deputati ha dato il via libera al cosiddetto decreto “per la gestione dei flussi migratori”.
L’accusa politica che vogliamo resti scolpita con nettezza è che con questo provvedimento il governo italiano compie il favoreggiamento dell’omissione di soccorso.

L’obiettivo, scritto nero su bianco nei pochi articoli del decreto, è ostacolare l’attività delle Ong che fanno ricerca e salvataggio in mare. Assistiamo così a un ribaltamento giuridico e morale, per cui il governo disincentiva e ostacola l’adempimento a un obbligo di legge, oltre che a un imperativo morale: l’obbligo di salvare naufraghi in pericolo di vita, sancito dalla legge italiana e dal diritto internazionale. A dirlo non siamo noi. L’ha detto con chiarezza il Consiglio d’Europa nei giorni scorsi, quando la Commissaria per i diritti umani Dunja Mijatović ha chiesto in una lettera al ministro Piantedosi di ritirare il decreto.

Siamo di fronte a un approccio normativo non nuovo nel nostro Paese se si pensa ai decreti Salvini. E anche al decreto Lamorgese che, pur apportando miglioramenti sulla protezione speciale e sulla materia dei permessi di soggiorno, aveva ribadito la facoltà del governo di emettere provvedimenti di divieto di transito e sosta nelle acque territoriali per motivi di ordine e sicurezza pubblica. Un approccio ispirato a una serie di teoremi diffamatori secondo cui le Ong favorirebbero l’immigrazione clandestina intrattenendo rapporti poco chiari con i trafficanti di esseri umani, tesi che però non ha mai trovato riscontro nelle pur numerose inchieste giudiziarie concluse sempre con archiviazioni e assoluzioni. Si continua poi a sostenere che le Ong  rappresenterebbero un fattore di attrazione delle partenze: è il falso ritornello del “pull factor” che ancora in queste ore il ministro Piantedosi rilancia, benché smentito dai fatti e dai numeri che dimostrano come non ci sia alcuna correlazione tra la presenza in zona Sar libica delle navi delle navi delle organizzazioni umanitarie e il numero delle partenze.

Emerge così il carattere propagandistico delle nuove norme sulle Ong, un miscuglio di forzature degli obblighi internazionali e di prescrizioni giuridicamente fumose e inesigibili, varato dal governo Meloni con decreto, pur in mancanza di presupposti di necessità e urgenza, e approvato con la questione di fiducia posta già in prima lettura per evitare così un pieno esame del parlamento.

Rivelatore il titolo del decreto: “Disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori”.
I due articoli di cui si compone non intervengono minimamente nella gestione dei flussi. Di fronte all’immensità del problema delle migrazioni, il Governo predilige un’ottica nichilista, riduttiva, e sceglie ancora una volta di individuare un nemico: le Organizzazioni non governative, che si calano nella realtà drammatica del Mar Mediterraneo e svolgono il ruolo che lo spirito di umana solidarietà dovrebbe imporre a qualsiasi paese civile, prima ancora delle numerose norme di diritto internazionale. Da questo punto di vista, il decreto legge n. 1 del 2023 si pone in scia con la legge n. 189 del 2002 (la Bossi-Fini) che ha inaugurato la stretta dei bulloni penali su pochi ingranaggi di un complesso sistema. Il disperato tentativo di affrontare la questione secolare della mobilità umana come un mero problema di ordine pubblico e di impugnare come clava l’insieme dei dilemmi dei flussi dall’Africa e dall’Asia, dell’integrazione sociale ed economica di quanti riescono ad arrivare, delle lentezze europee nel far fronte alle vere cause dell’esodo da quei continenti, non ha portato frutti.
I migranti continuano a venire perché lo desiderano per molti comprensibili motivi e perché il loro lavoro serve molto più di quanto non si voglia ammettere.

Ecco quindi che questo odioso decreto è anzitutto il prodotto di un’ideologia basata su una lettura storica e su un’interpretazione errate dello sviluppo attuale. Le migrazioni hanno costituito un fattore di sviluppo e di arricchimento dei Paesi di destinazione. I normali cicli demografici si sono combinati con l’apporto dei migranti, con ciò potendo contare su nuova manodopera, contributo allo sviluppo infrastrutturale, diversificazione culturale, aumento delle entrate tributarie e previdenziali.

Una lettura storica anche solo sommaria della sterminata letteratura e delle statistiche al riguardo smentisce tutti i capisaldi dell’ideologia della destra di governo la quale è basata su stereotipi oggetto ormai di consistente confutazione scientifica, basti leggere i rapporti Istat o della Fondazione Moressa che fotografano un’Italia già profondamente diversa da quella che il governo racconta di voler proteggere dalla minaccia di “invasione”.

Ecco perché è urgente riflettere, e davvero, su una diversa regolazione dei flussi migratori, sull’integrazione e sul contrasto del traffico illecito di persone. Su quest’ultimo aspetto, tuttavia, l’Italia non è esente da responsabilità se è vero come è vero che vige ancora – per esempio – il Memorandum con la Libia, in virtù del quale il controllo delle partenze è affidato, in sostanza, a una Guardia Costiera che in parte è sovrapponibile ai trafficanti di esseri umani, in parte collusa con essi.

Restiamo convinti che il centro del dibattito sull’immigrazione dovrebbe essere come adottare una normativa rigorosa ed efficace per governare un fenomeno con queste dimensioni e questa complessità, facendo incontrare la spinta migratoria e le esigenze del nostro sistema produttivo, sociale, previdenziale. Come cioè modificare la pessima legge Bossi-Fini, il cui fallimento è sotto gli occhi di tutti, prevedendo ingressi legali per ricerca di lavoro, regolarizzazioni su base individuale per favorire davvero legalità e integrazione. Sarebbe anche un modo per acquisire autorevolezza nel consesso europeo e avere una voce più credibile quando si chiedono meccanismi di redistribuzione obbligatori.
Le proposte ci sono, anche in Parlamento dove abbiamo depositato di nuovo la Pdl “Ero straniero”. Ma governo e maggioranza non hanno alcun interesse ad affrontare seriamente il tema dell’immigrazione. A loro basta coltivare l’ossessione per le Ong.

 

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  • Luigi Quercetti
    published this page in News 2023-02-16 12:59:27 +0100