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Giornata della terra: guerra, emergenza energetica, sfida climatica, fame e carestie sono le nuove frontiere della complessità

Di Anna Lisa Nalin

L’enormità del dramma del popolo ucraino e i rischi derivanti per l’Occidente si sono innestati dopo oltre due anni di crisi pandemica. Ora si intrecciano con altre gravissime urgenze da affrontare: innanzitutto lo choc energetico con la corsa dei prezzi e l’impellenza di diversificare, ma non è di meno il cambiamento climatico dovuto all’inquinamento e al surriscaldamento del nostro pianeta che minacciano pure conseguenze gravissime per il genere umano. Lo ricordiamo oggi che è la Giornata Mondiale della Terra istituita dalla Nazioni Unite nel 1970 per portare l’attenzione dell’opinione pubblica sull’importanza della conservazione delle risorse e la salvaguardia dell’ambiente naturale.

Viviamo in una società complessa in cui le emergenze non si escludono l’un l’altra ma si sommano, anzi si amplificano con un paradigma che ormai e purtroppo è di giorno in giorno sempre più evidente.

Partiamo dall’emergenza climatica per ricollegarci alla guerra di Putin ed alla questione del ricatto del gas russo.

L’ultimo rapporto dell’IPCC di marzo (il Gruppo Intergovernativo scientifico dell’ONU sul cambiamento climatico) indica che siamo ad un bivio: ora o mai più. Se continuiamo ad emettere gas serra ed a produrre energia attraverso i combustibili fossili non solo inquiniamo ma surriscaldiamo la terra depauperandone le risorse. A fronte di un possibile (e probabile) innalzamento delle temperature di 2 o addirittura 3 gradi rispetto all’1,5 previsto dall’accordi di Parigi del 2015, le prospettive anche immediate in Europa saranno estremamente pesanti.

Le ricadute delle ondate di calore causeranno un drammatico aumento del numero dei decessi delle persone a rischio di stress da calore, decessi destinati a raddoppiare o addirittura a triplicare.

L’agricoltura sarà messa, inoltre, a durissima prova dalla combinazione caldo e siccità. La scarsità idrica riguarderà tra il 18% e il 54% della popolazione, e con un amento di 3 gradi l’aridità del suolo potrebbe superare il 40%. Per finire una maggiore frequenza di inondazioni sarà causata dai cambiamenti nelle precipitazioni, dallo scioglimento dei ghiacciai, dall’innalzamento del livello del mare,

A tutto questo si stanno aggiungendo fame e povertà, come ha indicato il recente rapporto Oxfam “Dalla crisi alla catastrofe” pubblicato dalla Banca Mondiale: 263 milioni sono i nuovi poveri, le vittime “indirette” degli effetti negativi della pandemia e dell’aumento dei prezzi dei generi alimentari innescato dalla guerra all’Ucraina. Nel mondo salirebbero a 860 milioni le persone che si ritroverebbero sotto la soglia di povertà, 827 milioni soffrirebbero la fame.

Da non dimenticare che se l’Ucraina sino a prima della guerra è stata il granaio d’Europa, la Russia è stata il granaio del mondo. Ora non aumentano solo i prezzi di grano e granoturco ma nei Paesi più fragili si arriverà non solo alla scarsità alimentare e alla diffusione di povertà e denutrizione.

Allo stesso tempo il conflitto ha reso evidente la strutturale e cronica debolezza dell’Italia- ma anche della stessa Unione Europea- nell’approvvigionamento energetico. Per sottrarci al RICATTO DEL GAS RUSSO servono strategia, diversificazione e soluzioni velocemente implementabili ed articolate. In tal senso il governo Draghi sta operando per trovare le alternative ai 29 miliardi di metri cubi di gas che l’Italia ha storicamente preso dalla Russia a fronte di un consumo totale di 76 mld, con una dipendenza dal gas russo del 38% (dati del 2021). A sua volta l’Europa ha un fabbisogno di metano proveniente dai gasdotti russi pari al 40%, la Germania si sta rilevando come il Paese più esposto, ancor più dell’Italia, all’ approvvigionamento del gas da fonte russa.  

L’Unione Europea, tuttavia, lo scorso marzo ha reagito indicando un obiettivo da perseguire con il piano Repower e gli accordi di Bruxelles per l’indipendenza: con un abbattimento di 2/3 del import del gas di Mosca (in totale 155 miliardi di metri cubi all’anno che dovrebbero essere tagliati di 100 milairdi) con la diversificazione nell’immediato e il potenziamento delle energie pulite rinnovabili.

In queste ultimi giorni ed a fronte dell’escalation delle atrocità commesse dalle truppe russe si è aperta anche la discussione su temi considerati tabù: ovvero l’embargo alla Russia per il gas, oltre che per il petrolio, oltre ad tetto italiano al prezzo del gas, almeno italiano se non si riesce ad averlo europeo.

Ricordiamo che l’Europa paga alla Russia circa 1 miliardo di € al giorno finendo per finanziare indirettamente la stessa guerra. Questa spirale perversa dovrà essere interrotta prima o poi. Inoltre, i consumi europei rappresentano il 70% dell’export russo. E’ chiaro che per sarebbe un grave colpo per Putin perdere questo business e dover rimpiazzare il suo gas su altri Paesi magari non disponibili a piegarsi alle speculazioni in corso ed a pagarlo altrettanto “bene” quanto gli Stati europei.

La direzione intrapresa dal governo Draghi è DIVERSIFICARE con la sostituzione dei Paesi fornitori di gas per far fronte all’urgenza immediata. In questo senso vanno gli accordi con Algeri, gli altri viaggi in Africa così come il progetto dell’aumento della capacità di rigassificazione sulle navi, gli incrementi negli stoccaggi. Il ministro Cingolani ha ora indicato 18 mesi- e non più 24 o 36- il tempo per arrivare ad un’indipendenza quasi completa da gas russo.

In caso di escalation e di necessità di interruzione ante-tempo si dovranno anche RAZIONALIZZARE I CONSUMI, eliminando gli sprechi e facendo sempre più ricorso alle alternative messe in campo sia per il metano che per le energie rinnovabili.

MA la differenza arriverà proprio nell’INVESTIRE E IMPLEMENTARE le FONTI ENERGETICHE PULITE attraverso il potenziamento e la velocizzazione dei processi di autorizzazione degli impianti (bloccati anche per 7/8 anni se non di più) siano essi eolici a pale o off-shore, fotovoltaici, idroelettrici od ancora per la produzione del biometano.

Se fossero autorizzati 60GW di rinnovabili (che sono solo 1/3 delle domande attualmente presentate in Italia, il nostro Paese risparmierebbe il 20% delle importazioni di gas russo (15 mld di metri cubi) attiverebbe 85 miliardi di investimenti privanti in queste stutture energetiche e creerebbe 80.000 posti di lavoro (dati: Elettricità Futura). Ed ancora, la tecnologia aiuta anche i consumatori basti pensare che c’è stato un consistente calo (sino all’85%) dei costi dell’energia solare ed eolica che attualmente di gran lunga la più economica sul mercato.

L’IPCC ci offre anche qualche dato incoraggiante sul fronte definito della MITIGAZIONE: se è vero che inquiniamo sempre di più è anche vero che il ritmo rallenta. Il picco si toccherà nel 2025 ma è ora anche possibile lavorare per un dimezzamento delle emissioni dei gas serra entro il 2030, il consumo di metano dovrà calare di un terzo per centrare il target di l’aumento della temperatura terrestre al 1,5 gradi entro il 2050. Tutto questo presuppone una transizione energetica rapida con sostanziale riduzione dell’uso di combustibili fossili sostituiti da quelli alternativi, una diffusa elettrificazione ed una migliore efficienza energetica. Servono quindi le tecnologie, nuovi stili di vita ed un’azione immediata.

La veloce realizzazione delle rinnovabili è, dunque, assieme alla diversificazione un PILASTRO della strategia europea ed italiana per farci raggiungere la necessaria indipendenza energetica trainata dalle fonti pulite.

Anche e proprio a fronte di una guerra inaspettata e spietata il paradigma della complessità dove le emergenze non si escludono ma si sommano e si amplificano chiede risposte hic et nunc perchà in gioco è il destino dell’umanità e del pianeta.

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  • Pasquale Di Pace
    published this page in News 2022-04-22 11:52:09 +0200